"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
mercoledì, 30 aprile 2014
Eurovisioni. L'indignazione, il rebetiko e una nuova idea di contratto sociale
L'Europa non è il problema, bensì la chiave per affrontare un nuovo contesto.
Trento - 30 aprile, 1, 2, 3 maggio 2014
Il disegno di un'Europa politica sta vivendo un forte appannamento. Le sue istituzioni sono viste da molti come un apparato burocratico ed un insieme di regole dettate dai poteri finanziari. Il suo allargamento è stato spesso vissuto dai cittadini dei paesi più forti come un'insidia al proprio status piuttosto che la costruzione di una casa comune. Gli stati nazionali cavalcano l'onda della paura per evitare di cedere verso l'Europa (e verso i territori) quote crescenti di sovranità. La politica si attarda a cercare soluzioni a carattere nazionale, quando invece la cifra dei problemi appare sempre più di natura sovranazionale e territoriale.
Il problema sembra essere quello di tutelare al meglio gli interessi nazionali in Europa, ma così facendo non si costruisce l'Europa come soggettività politica, sociale e culturale, la si indebolisce piuttosto. Questo è l'orizzonte nel quale gli stati nazionali più forti ripropongono la loro leadership sull'Europa e questo, a guardar bene, ci racconta di quanto poco si sia fatto tesoro delle lezioni del Novecento. Tanto che l'idea di un'Europa politica nasce come progetto di pace, nel superamento in senso federalista degli stati nazionali e della loro tendenza all'egemonismo.
Manca una visione europea. L'Europa nasce nel Mediterraneo, nell'incontro fra oriente e occidente tanto nel pensiero quanto nella conoscenza. Ma oggi, come tragicamente avvenne in altri passaggi della storia, oriente ed occidente si vivono in sottrazione così da riesumare il nefasto concetto di scontro di civiltà. Anziché nutrirsi delle diversità, si invocano supremazie. E prevalgono le paure che – in assenza di un progetto politico, culturale e sociale – diventano rancore. E non a caso è l'avversità all'Europa l'elemento che catalizza vecchi e nuovi fascismi.
Il paradosso è che tutto questo si manifesta proprio quando di un disegno e di una visione europea vi sarebbe più bisogno. Ecco perché, anche in prossimità di una scadenza come quella del rinnovo del Parlamento Europeo, appare urgente costruire uno spazio europeo. Uno spazio mentale che divenga culturale, politico e sociale. Una visione, appunto, che segni l'immaginario, le scelte politiche, il modo di vivere il presente.
Proprio su quest'ultimo aspetto, l'Europa sociale, vorremmo provare a riflettere nel secondo appuntamento della scuola di formazione “Territoriali ed europei” che proponiamo in questa primavera. Una spring school che metta al centro della sua riflessione la fatica sociale dell'Europa, i movimenti spesso contraddittori che la percorrono e con i quali è in ogni caso necessario fare i conti, abitando conflitti talvolta spuri piuttosto che esorcizzarli. Indicando una visione che possa dare profondità a quanto si esprime sul piano sociale, nel passaggio incerto fra primavere appena iniziate e il riemergere di sentimenti tristi.
Daremo voce e
cercheremo di riflettere su come in Europa si affrontano le sfide del
presente, fra l'indignazione verso una finanza che uccide l'economia
reale, il canto disperato che diventa colonna sonora della vicenda di
una nazione, l'austerità virtuosa del “fare meglio con meno” che
si può rintracciare nei contratti di solidarietà fra lavoratori,
generazioni e - perché no? - dimensioni territoriali transnazionali,
l'assunzione di responsabilità che può stare alla base delle
istanze di autogoverno.
Un percorso che vorremmo insieme
scuola politica ma anche incontro di comunità, perché l'Europa è
ormai imprescindibilmente nelle nostre vite quotidiane. Prenderà il
via il 30 aprile, simbolicamente, con le immagini di un film che
racconta il grido di dolore di un paese verso il quale
l'umanità è in debito e con il rebetiko
che di questo dolore è diventato una sorta di manifesto culturale e
una colonna sonora assolutamente calzante. Proseguirà con un primo
maggio che vorremmo all'insegna di un nuovo progetto sociale europeo
e con un percorso formativo vero e proprio, fra sguardo europeo e
vissuto territoriale.
(vedi il programma in allegato)
Trento, sedi varie
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