"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
«La maledizione di vivere tempi interessanti» (93)
di Michele Nardelli
«Trattare da pari a pari con l'Europa». Questo afferma Matteo Salvini reduce dagli Stati Uniti dove ha cercato (e trovato) legittimazione politica quale vero capo del governo italiano. Un via libera per scaricare i 5 Stelle e per andare ad elezioni anticipate – si è commentato – ma anche il prendere corpo di un disegno che punta a sgretolare l'Unione Europea.
Che questo sia l'intento dell'attuale leadership statunitense, Trump l'ha ribadito anche nel corso della sua recente visita nel Regno Unito a sostegno della Brexit, prefigurando una rottura senza contropartite («i 39 miliardi di sterline io non li pagherei» ha affermato in quella circostanza), offrendo in questa direzione un asse strategico fra Washington e Londra proprio in chiave anti-europea.
Nel disegno di Trump, l'Unione Europea e l'Euro sono chiaramente un intralcio. Lo sono nella guerra dei dazi che gli USA hanno messo in campo a livello globale, tanto da condizionare l'Unione Europea sul piano delle relazioni commerciali e finanziarie in base al principio che chi tratta con il mio nemico è egli stesso nemico. Fino a considerare “sleale” verso l'economia nordamericana ogni iniziativa a difesa di quella europea (vedi l'attacco di Trump a Mario Draghi in queste ore). Come d'intralcio lo sono sull'insieme della politica USA rispetto a vari scenari come nel Vicino Oriente, così da affondare l'accordo internazionale sul nucleare iraniano fortemente voluto dall'Europa e da mettere in atto una rapida escalation militare contro l'Iran per la difesa degli interessi nordamericani (ma anche israeliani e sauditi) nella regione. Per non parlare del surriscaldamento del pianeta o del rilancio nucleare.
In questo quadro, la visita di Salvini negli USA, l'accoglienza che gli è stata riservata da parte del vicepresidente Pence e del segretario di Stato Pompeo, aveva l'intento non solo «di dissipare le ombre che la CIA intravvedeva nei suoi rapporti con Mosca e di accreditarsi come leader più affidabile di Giuseppe Conte rispetto alle spese militari (F35), al Venezuela, ai rapporti con la Cina e le tecnologie 5G» come ha scritto il Giornale di Berlusconi, ma anche di minare dall'interno – attraverso una strategia di legittimazione della destra sovranista ed anti-europea – la già fragile tenuta dell'Europa.
Ecco che quelle parole «trattare da pari a pari con l'Europa» assumono un preciso significato, sono rivelatrici di estraneità, a fare come se l'Italia ne fosse fuori, considerato che non si tratta “da pari a pari” con un soggetto di cui si è parte fondante e costitutiva. Salvini dice che vuole cambiare l'Unione Europea, ma in realtà quello che ha in mente (in piena sintonia con Trump) è di ridurla ad incontro di Stati nazionali sovrani.
Certo, l'Europa che abbiamo sin qui conosciuto è ancora ben lontana da quella immaginata dai padri e dalle madri che l'hanno fondata. Il processo di costruzione dell'Europa prevedeva una progressiva cessione di sovranità, l'abbattimento delle frontiere interne, l'estensione della moneta comune, una strategia euromediterranea, crescenti politiche di allargamento... processo che si è fermato da tempo. E ciò nonostante, la sua sola esistenza rappresenta un ostacolo rispetto ai disegni dell'attuale inquilino della Casa Bianca come dei suoi epigoni nostrani.
Sono sempre più convinto che sull'Europa si giocherà nei prossimi anni (ma a guardar bene già ora) uno scontro cruciale con implicazioni sul futuro in termini di pace, diritti umani, ambiente, democrazia.
Per questo l'Europa deve diventare a pieno titolo lo spazio politico comune capace di includere, di garantire stato di diritto e di federare diffuse forme di autogoverno sovranazionali e regionali, di nuove relazioni di conoscenza, di scambio e di cooperazione con il Mediterraneo e il vicino Oriente da cui è inscindibile. Spazio politico cui adeguare le istituzioni, le forme dell'agire politico, i corpi intermedi.
Il terreno su cui misurare la nostra capacità di uscire dal Novecento. Anche su questo piano un cambio di paradigma.
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