"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Renzo Francescotti
Lo spazzacamino e il duce
Lo Gisma, 2006
Prendo in mano “Lo spazzacamino e il duce” con un po’ di scetticismo. Non si è mai profeti in patria ed anche Renzo Francescotti non sfugge a questo sortilegio. Forse perché la gente ti conosce troppo, o forse troppo poco. Un po’ come quando consideri le cose in maniera abitudinaria, non ci fai caso. Ma le pagine non t’annoiano e “Lo spazzacamino e il duce” va giù tutto d’un fiato, come se quella storia avesse qualcosa di famigliare.
Quella di Nino è una piccola storia. Di un piccolo rione, la Portela, di una piccola città, Trento agli inizi del ‘900. Di un piccolo personaggio, uno spazzacamino, e di tante piccole storie di vita, Dorina, Basco... Eppure nel lavoro di Renzo Francescotti possiamo trovare la forza narrativa di un affresco che porta il lettore a vivere un tempo in fondo non troppo lontano ed una città di cui s’è persa memoria. E della quale lontani ricordi di ragazzo di strada mi regalano frammenti, come le caramelle di Arturo.
Non un romanzo storico. Come suggerisce Predrag Matvejevic a proposito dei romanzi di Ivo Andric, un “romanzo della storia”. Aneddoti, avvenimenti, personaggi emergono dal magma del passato per offrirsi come un repertorio di racconti, scene, argomenti, cioè materia per un’opera. Sta all’abilità del narratore metterli insieme, darvi forma, creando storie di fantasia, dove l’autore è arbitro e artefice. È il “romanzo della storia”, quel procedimento narrativo che trasforma il passato in storia. Grazie Renzo. (m.n.)
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