"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Eredi di una grande civiltà che guardava al futuro, gli arabi possono riappropriarsi del proprio destino. A patto di liberarsi della cultura del vittimismo. E di fare i conti con quella modernità che molti continuaano a vivere come una minaccia.
Samir Kassir (Beirut, 1960-2005) ha animato per due decenni la vita intellettuale e politica libanese. Nel 2005 ha ispirato la “primavera di Beirut”, il movimento di massa che ha condotto alla liberazione del Libano dalle truppe di occuupzione siriane. Un impegno che ha pagato con la vita, venendo assassinato il 2 giugno 2005 in un attentato. Questo è il suo ultimo libro, il suo testamento politico.
«... E' probabilmente troppo ambizioso pensare che le catene dell'infelicità stiano per spezzarsi. Il malo-sviluppo arabo si è troppo aggravato perché la felicità possa essere a portata di mano. E il persistere dell'egemonia occidentale, resa più pesante dall'occupazione americana in Iraq e dalla sempre maggiore supremazia di Israele, non consente di postulare un risveglio arabo in tempi stretti. Ma nulla - né la dominazione straniera, né i vizi strutturali delle economie, ancor meno l'eredità della cultura araba - impedisce di ricercare, malgrado le pessime condizioni attuali, la possibilità di un equilibrio.
Per raggiungerlo, molte sono le condizioni necessarie, e non tutte dipendono dagli arabi. Ma anche se non si può realizzarle tutte, resta sempre possibile forzare il destino, iniziando dalla condizione più urgente e senza la quale non c'è scampo alcuno: che gli arabi abbandonino il miraggio di un passato ineguagliabile e guardino finalmente in faccia la loro vera storia. In attesa di esserle fedeli.»
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