"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Il Trentino di nuovo alla prova

mappa del Trentino

È bene che la politica s’interroghi responsabilmente su come far fronte alla crisi che attraversa l’intero pianeta e che – in un contesto quanto mai interdipendente – entra nelle vite di ciascuno rendendo il futuro sempre più incerto. Tanto per cominciare sulla natura di quanto sta accadendo e poi per capire ciò che è utile e ciò che è possibile fare. In questo senso vorrei porre qualche domanda e provare ad abbozzare qualche risposta, anche in relazione alle manovre poste in essere dal Governo centrale e da quello della nostra autonomia.

1. Crisi congiunturale?

La crisi che coinvolge l’economia mondiale è congiunturale oppure no? Si tratta di una difficoltà passeggera in un contesto complessivamente sano e destinato a riprendere il trend di crescita al quale siamo stati abituati nei decenni passati o è accaduto qualcosa di profondo, destinato a modificare radicalmente il contesto precedente?
Se avessimo a che fare con una crisi temporanea, allora forse basterebbe una campagna mediatica improntata all’ottimismo e al rilancio dei consumi per rimettere in moto il meccanismo. Come dice Silvio Berlusconi “il futuro è nelle mani dei consumatori”. L’equazione proposta è “+ consumi = + produzione = + occupazione”.
Personalmente credo che la crisi attuale non sia affatto “congiunturale”, ma strutturale invece, connaturata al processo di “finanziarizzazione dell’economia” che ha trasformato il mondo intero in un immenso casinò. Il suo retroterra materiale è rappresentato dalle forme più hard della finanza (gli strumenti finanziari che non hanno alcun rapporto con l’economia reale come i “titoli derivati”) e dall’economia criminale, che trae enormi profitti dai traffici, dalle guerre, dalle vecchie e nuove schiavitù. Una dimensione finanziaria che ha invaso il campo e reso irreale il mercato, tanto da assistere a meccanismi speculativi per cui l’andamento del prezzo del petrolio nel giro di sei mesi può triplicare e ritornare sui livelli precedenti. E che ha soppiantato da tempo sul piano del volume di affari l’economia di produzione di beni e di servizi. Tanto che si stima che l’ammontare dei soli “titoli derivati” sia circa dieci volte il PIL mondiale.
Lo sgonfiarsi della bolla finanziaria ha fatto tremare i mercati (con effetti solo in parte attenuati dal massiccio intervento pubblico a sostegno di banche e istituti finanziari) non è che un’avvisaglia di quello che potrebbe accadere. Non è un male passeggero, dunque. E’ un vero e proprio tumore che sta devastando l’economia di mercato, la cui metastasi si è nutrita per anni di una deregolazione teorizzata e praticata in ogni parte del pianeta e che ha coinvolto tutti, mafie internazionali e locali, holding che hanno preferito la speculazione alla produzione, gli investitori finanziari, le banche, milioni di risparmiatori attraverso i fondi pensione.
Se è così occorrono certo gli ammortizzatori sociali. Ma non bastano. Per uscirne servono misure strutturali, atte cioè a rafforzare l’identità economica territoriale, la valorizzazione delle risorse locali, la ricerca e la qualità delle produzioni e dei servizi, un sistema finanziario legato al territorio capace di dare sostegno a questo processo. Ed una nuova consapevolezza improntata al concetto di limite.

2. L’essenziale ed il superfluo.
Come si fa a dire alle famiglie, in un momento di grave difficoltà economica, di continuare a spendere come se nulla fosse? La crescita delle famiglie a rischio di povertà ci descrive una pluralità di situazioni che vanno dalla perdita del lavoro alla cassa integrazione, da nuclei famigliari monoreddito a persone sole con figli a carico e abitazione in affitto, da realtà famigliari nelle quali il reddito complessivo precedente non basta più a coprire le esigenze di vita e di studio universitario a giovani nuclei famigliari incapaci di un uso sobrio e razionale delle proprie risorse che non sanno resistere alle sirene del consumismo.
L’idea che sia lo spendere purchessia a far girare l’economia, oltre ad essere priva di fondamento, è semplicemente diseducativa e irresponsabile. Di fronte al carattere limitato delle risorse, continuare a predicare l’aumento dei consumi, in una spirale senza fine, ha già portato questo pianeta oltre il limite e vicino al punto di non ritorno. Ci si strappa le vesti perché l’andamento del PIL è fermo o cala di un punto, come fossimo in presenza di un effetto condizionato, di un dogma per il quale il concetto di economia è diventato sinonimo di crescita.
Come scriveva Paul Renner sul “Corriere del Trentino” di qualche giorno fa, dovremmo cogliere invece l’occasione «per aprire gli occhi e la mente», per riflettere su dove stiamo andando, per far «emergere ciò che davvero è essenziale e ciò che è superfluo», ri-orientando e ri-qualificando i consumi come le produzioni, ma anche puntando ad un uso più sobrio e intelligente delle risorse dell’autonomia.

3. Il valore territorio
Quali sono gli strumenti per abitare e difendersi da fenomeni così complessi come quelli descritti? Dell’elemosina dei quaranta euro per i redditi più miserabili condita con l’ottimismo beota di chi crede ostinatamente e nonostante tutto all’autoregolazione del mercato abbiamo già detto. Credo invece che la manovra della Provincia Autonoma di Trento si muova in una direzione diversa, laddove accanto alle misure relative all’emergenza prova a mettere in campo non solo risorse ma anche linee di indirizzo atte a migliorare e qualificare la spesa pubblica, utilizzando «questo periodo di crisi e difficoltà per rimuovere le criticità e valorizzare per contro quelli che sono gli elementi di forza del nostro sistema». Pur in un quadro analitico che continua a considerare congiunturale la crisi in atto, la Provincia Autonoma sceglie la strada di una propria “politica economica” (concetto ahimè desueto) che punta da una parte sulla specialità delle imprese, sull’innovazione e sulla capacità di fare sistema territoriale, dall’altra a qualificare e snellire la spesa per lavori pubblici e servizi, ed infine a sostenere il reddito delle fasce sociali più deboli. Proprio nel fare sistema territoriale un ruolo decisivo lo dovrà svolgere il sistema del credito cooperativo, purché sappia far riemergere la sua natura originaria di strumento al servizio della comunità. 
Una risposta possibile alla crisi globale è dunque il territorio, non nel rinchiudersi autarchico ma nel suo sapersi collocare in dialogo non subalterno con i flussi lunghi dell’economia mondo. Una prova che richiede consapevolezza, che si vince sul piano culturale prima ancora che su quello economico e finanziario, che richiede coesione sociale. Il contrario dell’egoismo e del particolarismo.
Dopo le elezioni, il Trentino è chiamato a dare una nuova prova di sé.

 

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