"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Battisti e Hofer, nessuna forzatura

La corona di spine a Innsbruck
di Giuseppe Ferrandi *

Immagino vi siano delle regole del giornalismo, in primis la necessità di semplificare questioni complesse in modo da garantire l'efficacia della comunicazione. Stabilire un legame tra "uso pubblico della storia" e "difesa dei privilegi" (vedi il servizio di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella sul Corriere della  Sera di sabato) è, invece, qualcosa di diverso. Si tratta di una caricatura, una rappresentazione distorta della realtà proposta per colpire l'autonomia, la sua ragion d'essere. (...)

L'autorevolezza di questo attacco deve suonare come un campanello d'allarme. Il fatto che lo stesso poggi su questioni legate alla storia, con l'accusa gravissima di manipolazione della stessa ai fini di bilancio, impone un ragionamento più ampio, che deve coinvolgere l'intera comunità trentina e la sua opinione pubblica.

Urgente è spiegare la complessità della nostra storia. Spiegare a chi vive fuori dal Trentino la ricchezza e insieme la tragicità di una vicenda come la nostra. Ricchezza legata alla vicinanza tra culture, lingue, tradizioni diverse. Tragicità rappresentata dai conflitti che hanno dilaniato questa terra. Non è un caso che si parli di Hofer e di Battisti. Uomini diversi, appartenenti a epoche storiche diverse, con nemici diversi, portatori di ragioni e di visioni del mondo diverse, accomunati solamente dall'essere stati utilizzati per alimentare i rispettivi campi di appartenenza etnica/nazionale. Più famosi da morti che da vivi.

Non vivo come una contraddizione dirigere un Museo che edita e traduce dal tedesco un'importante biografia scientifica su Andreas Hofer e il fatto che questo stesso Museo, citato come esempio di "trasformismo" nell'articolo di sabato scorso, sia l'erede del Museo del Risorgimento. Non vi è contraddizione, infatti, tra il ricostruire la storia del Tirolo storico e promuovere una grande operazione editoriale dedicata alle fonti e alle opere battistiane, che ha già visto la pubblicazione di uno straordinario foto libro che ritrae la cattura e l'esecuzione avvenuta il 12 1uglio 1916. Solo chi ragiona secondo logiche contrapposte dettate dai nazionalismi e incline a  "tifare"o per uno o per l'altro, guardando esclusivamente a nord o a sud, cercando con ossessione la tirolesità del Trentino o il suo esatto contrario. In questo modo, sia chiaro, si finisce per negare la possibilità che si possa essere ancora terra di mediazione, di incontro, di sperimentazione.

Mi vengono in mente le parole di Renato Ballardini, relatore di maggioranza alla Camera dei deputati, in occasione dell'approvazione del cosiddetto "secondo statuto". Riferimenti precisi alla storia, specie quella del Novecento, per ricordare i danni che i nazionalismi avevano prodotto in una regione di confine. All'inizio degli anni Settanta si trattava di lavorare a una nuova fase dell'autonomia, protagoniste le due Province autonome, affinché si potessero realizzare le condizioni per la convivenza, la collaborazione, la crescita comune. Quella scommessa è stata vinta, quel ragionamento sulla storia e sugli effetti nefasti dei nazionalismi contrapposti è però ancora di fortissima attualità.

Torno a ribadire l'idea della complessità. Una complessità che dal passato si trasferisce nel presente, si proietta nel futuro. Pensando seriamente a come costruire l'Euroregione, riempiendola di contenuti, di strategia, di visione e non pensando a una riedizione folcloristica di un'età dell'oro tirolese. Declinando, anche in questo modo, l'autonomia con la forza del riferimento all'idea di una comunità, efficiente, partecipata democraticamente e ancor più responsabile. Mi piace allora pensare che la polemica estiva prodotta dall'articolo di Rizzo e Stella aumenti il tasso di consapevolezza della partita che si sta giocando, dentro la quale le istituzioni culturali e gli storici faranno la loro parte con rigore e non piegandosi alle mode del momento.

*Giuseppe Ferrandi, direttore Fondazione Museo storico del Trentino

 

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