"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Riportiamo l'editoriale di Simone Casalini uscito oggi sul Corriere del Trentino
(2 dicembre 2010) Le ultime tre settimane sono state una buona cartina di tornasole del funzionamento del sistema politico in Trentino. Prima il caso delle materne, poi la mancata osservazione della legge che disciplina il rinnovo degli incarichi pubblici come la presidenza della Fondazione Bruno Kessler, quindi lo smembramento del Parco dello Stelvio anticipato dal Corriere del Trentino nell'edizione di domenica scorsa: in tutti questi casi abbiamo assistito a una prassi consolidata che dovrebbe stimolare qualche riflessione. (...)
Fino a oggi il problema era stato sostanzialmente posto nei termini di uno squilibrio tra il potere esecutivo e quello legislativo. Non si tratta di una specificità trentina, bensì di una tendenza piuttosto diffusa nell'ultimo ventennio, quando la velocità del vivere quotidiano, dell'economia, della tecnica hanno consigliato di abbattere i tempi di discussione della politica e di puntare su processi decisionali più snelli. Così è accaduto pure in Trentino anche alla luce della faticosissima legislatura terminata nel 2003 che aveva visto la prima giunta guidata da Lorenzo Dellai fare i conti con numeri risicatissimi. In quel clima (locale e di dottrina) è maturata la nuova legge elettorale.
Se sull'interpretazione «cesarista» data alla legge elettorale si è già scritto, la novità risiede nel fatto che maggioranza e opposizione sembrano quasi sempre essere all'oscuro delle decisioni adottate. Come nel caso del Parco dello Stelvio, su cui è persino difficile pronunciarsi, l'informazione è arrivata per canali extrapolitici, ma ciò non è stato sufficiente né a ripristinare il dibattito né a fermare l'accelerazione. È possibile che temi così delicati siano sottratti al vaglio politico e pubblico? Purtroppo sì.
Chi occupa la tolda di comando ha una responsabilità evidente nell'accentuarsi di una simile deriva, però ce l'hanno anche quegli assessori che accettano la visione di una compagine governativa come organo fiduciario del presidente e le opposizioni che quasi mai riescono a smascherare la maggioranza o a mettere in difficoltà l'esecutivo.
In questo modo siamo passati da un estremo all'altro: nella Prima repubblica il legislativo era una palude dove avventurarsi richiedeva grandi capacità di mediazione (e spesso compiacenza nel cedere ai ricatti); ora assistiamo alla cancellazione di qualsiasi confronto e alla concentrazione in poche mani delle prospettive politiche. Ciò ha i suoi vantaggi (immediatezza delle scelte, minori vincoli) ma mostra anche limiti preoccupanti: una dequalificazione delle competenze nell'esecutivo e nel legislativo, una generale deresponsabilizzazione del sistema, il superamento dello strumento partito come interfaccia con la società, lo scadimento della capacità critica della collettività. Non essendoci temi che meritano di varcare la soglia del pubblico discorso, si genera distanza e rinuncia. Questa patologia andrebbe curata. Tanto per cominciare, basterebbe un po' di buonsenso.
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