"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Un sultano nella Turchia trentina

la fontana nel ione

Moena in festa dal 19 al 21 agosto

di Francesca Zeni e Ilaria Chiocchetti*

(19 agosto 2011) Avreste mai immaginato di veder sventolare decine di bandiere turche nel cuore delle Dolomiti? O di cercare assetati una fontana e di trovare, tra i fienili trentini, il busto di un uomo con fez e mustacchi accanto all'acqua che sgorga fresca dalle montagne? A Moena oriente e occidente si mescolano, e ogni estate ne viene ritualmente celebrato l'intreccio. Uno dei quartieri più antichi della città dolomitica prende il nome di "Turchia", e accanto ai tradizionali tabià e agli affreschi con scene di caccia sulle pareti delle case, offre allo sguardo sfondi rossi con la mezzaluna e la stella.

Ma non si tratta di cittadini immigrati che celebrano con nostalgia il paese d'origine. Gli abitanti del rione, moenesi da generazioni, affermano con orgoglio di sentirsi "turchi", nonostante i cognomi locali e la parlata ladina.

Le leggende

Tra le strade del rione "Turchia" si racconta che un soldato turco, fuggito alla battaglia che contrappose la coalizione cristiana all'esercito ottomano dopo l'assedio di Vienna del 1683, giunse ferito a Moena, dove trovò cure e rifugio. Decise dunque di stanziarsi lungo le rive dell'Avisio, e i suoi discendenti pare vivano tuttora in Valle di Fassa. Questa la leggenda a cui gli abitanti del rione sono più affezionati, e che li ha spinti, negli anni ‘50, a vestirsi da soldati, da haremine e da sultano proponendo al paese una rappresentazione scherzosa che culminava in un discorso in piazza in cui il sultano prendeva in giro le autorità ecclesiastiche e religiose. Una sorta di "carnevale estivo", che spinge ancora oggi gli abitanti del quartiere a vestire gli abiti ottomani e a sfilare per il paese.

E che ha dato vita ad una tradizione, ancor'oggi presente e rispettata, che vuole che le giovani del quartiere, chieste in sposa da giovani non residenti nel rione di "Turchia", debbano ottenere il permesso del sultano per potersi allontanare dal quartiere. Durante la "bastìa" il sultano attende all'ingresso del rione lo sposo, che viene scortato da un gruppo di soldati davanti alla casa della sposa. Qui viene sgridato - poiché porta via la giovane sposa dal rione -, e gli viene imposto di pagare una parcella al popolo turco. La bevuta finale di vino sancisce il momento in cui la festa per i due sposi può avere inizio.

La fontana al centro del rione, che raffigura un ottomano, ha dato vita a molte leggende: oltre al sultano turco, si tramanda di un missionario locale partito per l'Oriente che avrebbe mandato in paese un suo ritratto con fez e abiti orientali, o si parla più prosaicamente di un torchio presente nel quartiere, che serviva a strizzare la lana delle pecore.

La festa

Anche quest'anno il grop de Turchia, in accordo con il Comune di Moena, ha organizzato i festeggiamenti del rione, che porteranno Moena a mostrare il suo volto turco. Dal 19 al 21 agosto le bandiere rosse con la mezzaluna sventoleranno dalle finestre e dai balconi del quartiere, i fienili saranno aperti, si mostreranno i mestieri di un tempo, dalla lavorazione del feltro a quella del rame, e si degusteranno prodotti tipici, orzo e canederli.

Ma accanto al sapere locale, quest'anno si ospiteranno anche cibi e danze realmente turchi: da alcuni anni infatti sono iniziati i contatti con cittadini turchi residenti in Italia, e la stessa ambasciata turca ha espresso il desiderio di partecipare ai festeggiamenti dolomitici. Una delegazione arriverà a Moena per la festa del quartiere, e proporrà musiche e danze del vicino oriente, oltre che uno stand con specialità turche.

Anche la comunità immigrata che vive a Moena partecipa alla festa, indossando a volte i propri abiti tradizionali, a volte quelli ottomani. La festa di "Turchia" continua da decenni ad aggregare la comunità, e permette di aprirsi ad un discorso fortemente interculturale: l'identità di Moena si fonda ormai, almeno in parte, sulla consapevolezza dello spostamento di genti e persone che hanno attraversato i confini per i motivi più svariati, ed hanno arricchito la storia e le tradizioni locali. La leggenda del soldato turco convive con la storia di Re Laurino e del suo giardino; le storie si intersecano, le geografie si avvicinano. Per questo la manifestazione di metà agosto è entrata all'interno del percorso "Per una cittadinanza Euromediterranea" del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani, percorso iniziato lo scorso ottobre che cerca di indagare - attraverso incontri e proposte su saperi, geografie da scoprire, pensieri in cerca di cittadinanza e dettagli della storia - le radici intrise di Mediterraneo del nostro essere europei.

La storia, fatta anche e soprattutto di spostamenti, movimenti e intrecci di saperi, si mostra a Moena, è cullata dalle Dolomiti, e scolpisce giorno dopo giorno il volto degli abitanti dell'antico quartiere. L'identità non è fissa e immobile, ma si compone della somma infinita di dettagli, a volte anche di racconti e di leggende che si tramandano da generazioni. E si scopre che l'identità non è singolare e monolitica, ma plurale e articolata. E il cuore turco di alcuni cittadini ladini lo testimonia.

Le connessioni continuano

Moena non volge il suo sguardo solo ad Oriente. Nel passato e nel presente della città si incontrano altri intrecci con la storia. Durante la Seconda Guerra Mondiale un moenese, Domenico Chiocchetti, che era stato fatto prigioniero in Africa, venne trasportato in Scozia, nelle isole Orcadi, dove fu costretto a costruire con il cemento la famosa "barriera Churchill". Le gigantesche barriere trilobate erano state progettate per salvare le coste delle isole dalla forza dirompente del mare del Nord. I prigionieri costretti ai lavori forzati sentivano fortemente la mancanza di un luogo di culto, e raccolsero gli scarti del cemento utilizzato quotidianamente per costruire una chiesetta in riva al mare. Il piccolo edificio era composto da un hangar metallico e da una facciata di cemento decorata con stucchi e filo spinato. Il moenese prigioniero presso le isole Orcadi era artista e pittore, e dipinse la pala dell'altare. Dopo alcuni mesi di prigionia, finita la guerra, i sopravvissuti tornarono nelle proprie case, con le proprie famiglie, e dimenticarono la loro chiesetta. Ma per la Scozia quella piccola chiesa davanti al mare aveva un grande valore, e dopo alcune ricerche il governo scozzese riuscì a contattare Domenico Chiocchetti per il restauro della pala affrescata. Nacque così un legame tra la comunità di Moena e gli abitanti delle isole Orcadi, che ha portato ad un gemellaggio tra i giovani delle due località. A settembre, pochi giorni dopo aver indossato i colori turchi, amministrazione e ragazzi di Moena partiranno verso nord, per rendere omaggio all'Italian Chapel, l'ormai famosa cappella cattolica di Lamb Holm, e conoscere usanze e tradizioni degli abitanti delle isole scozzesi.

*Francesca Zeni, Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani, Ilaria Chiocchetti, Assessore alla Cultura del Comune di Moena

 

0 commenti all'articolo - torna indietro

il tuo nick name*
url la tua email (non verrà pubblicata)*