"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Mohammad Dauod Hussein Ali *
Oggi è il 7 ottobre. Esattamente dieci anni fa la coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti ha dato inizio agli attacchi contro l'Afghanistan. La guerra ha portato alla caduta del regime talebano e per il paese ha avuto inizio una nuova era. Negli anni successivi sembrava che, con l'appoggio internazionale, l'Afghanistan avrebbe potuto iniziare il suo cammino verso il progresso e che l'accordo dei paesi occidentali sulla questione afghana potesse finalmente porre fine ad una guerra sanguinosa.
Ma a distanza di cinque anni i talebani sono tornati dai villaggi remoti dell'Afghanistan in cui si erano nascosti e la guerra è ricominciata. Anzi, si è intensificata con il passare del tempo, fino al 2011, l'anno più sanguinoso sia per le forze militari straniere sia per il popolo afghano nell'ultimo decennio.
Sono tutte questioni che conosciamo bene. Quello che vorrei sottolineare è che la storia dei Talebani e l'attuale guerra non sono soltanto la storia degli ultimi anni. Sono la storia dell'Afghanistan degli ultimi cento anni.
Nell'ultimo secolo sono cambiati i modi, i meccanismi, i mezzi e i protagonisti delle guerre, ma la questione principale è sempre rimasta il conflitto tra "tradizione e modernità".
Se tralasciamo il passato molto remoto, questa storia ha avuto inizio con il Re Amanullah Khan, il primo re riformista dell'Afghanistan. Amanullah Khan, dopo aver dichiarato l'indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1919, mise in atto una serie di riforme per il progresso del paese. Ad esempio, ordinò di indossare i vestiti occidentali ai membri del Consiglio, che aveva la stessa funzione del Parlamento e che fu poi ribattezzato Assemblea nazionale. Alla prima festa d'indipendenza la regina Soraya fece la sua comparsa in pubblico senza velo e poi la gente fu obbligata a seguirla. Amanullah Khan, infine, ordinò che le sentenze basate sulla legge della Sharia fossero scritte e pubblicate.
La dichiarazione d'indipendenza fece del re una figura molto popolare e gli valse l'appellativo di "Ghazi" (chi uccide il nemico in battaglia). Alla fine, tuttavia, le forze tradizionali guidate dai capi religiosi fecero in modo che il popolo perdesse fiducia in lui. Il popolo, allontanatosi dal re, fu mobilitato contro di lui finché il re carismatico e popolare del 1919 fu costretto a lasciare il paese nel 1929. Il nuovo capo del governo Habibollah Kalkani revocò tutte le sue riforme.
Nel 1960 ci fu una nuova ondata di modernismo. Questa volta fu il Re Zahir shah, nel quarto decennio del suo regno, ad aprire l'orizzonte politico del paese. La costituzione fu modificata: il re e la sua famiglia rinunciarono al diritto di interferire nel governo e i partiti politici nacquero uno dopo l'altro. Tra i più importanti: il partito di sinistra, il partito democratico-popolare e il partito di destra, molto influenzato dai Fratelli Mussulmani d'Egitto.
Questa volta tutta la volontà di costruire un paese moderno fu concentrata nel Parlamento, i politici e gli intellettuali cercarono di mettere lo stato sotto pressione con manifestazioni e scioperi. In dieci anni il primo ministro cambiò cinque volte: tutti furono costretti alle dimissioni.
Questo periodo viene definito il decennio della democrazia in Afghanistan, però il suo risultato non fu uno stato democratico. Mentre il re era in vacanza in Italia il colpo di stato di suo cugino mise fine per sempre alla monarchia in Afghanistan. Nella nuova Repubblica afghana il presidente aveva più potere di quanto ne avesse mai avuto il re. Iniziò così un periodo di repressione finché i partiti comunisti riuscirono a far cadere il governo con un colpo di stato militare. Il primo capo del governo comunista, rimasto al potere per soli tre mesi, emanò sette nuovi decreti, tra cui principali furono: cambiare il colore della bandiera afghana, che divenne rosso, la distribuzione della terra ai contadini e l'alfabetizzazione obbligatoria per le donne.
Il movimento comunista, feroce e violento, creò serie tensioni nella società afghana che si conclusero con l'invasione russa e la successiva guerra. I Mujaheddin, e poi i Talebani, introdussero nel paese l'interpretazione più conservatrice ed estremista dell'Islam. L'Afghanistan divenne il paese dove si rifugiarono tutti gli estremisti islamici, tra cui Osama Bin Laden, e da cui partirono gli attacchi ai paesi occidentali simbolo della modernità.
Ricostruendo questa storia, intendo dimostrare come tutte le figure o i gruppi di potere che hanno tentato di fare dell'Afghanistan un paese moderno sono caduti uno dopo l'altro. L'Afghanistan è rimasto la terra vergine della tradizione.
Com'è la situazione oggi? Quello che sta succedendo in Afghanistan è la continuazione di questo conflitto su scala mondiale e in termini molto più complessi. Questa volta il governo stesso dell'Afghanistan sta cercando di modernizzare il paese con il sostegno e la protezione delle Nazioni Unite, del Fondo Monetario Internazionale e dell'Unione Europea.
Ci sono delle ragioni per cui possiamo avere speranza per il futuro dell'Afghanistan e vorrei elencarne alcune. Nel secolo scorso il governo afghano ha cercato di obbligare il popolo a modernizzarsi con l'introduzione di nuove istituzioni, ad esempio attraverso l'obbligo scolastico, ma il popolo nelle campagne era contrario e preferiva corrompere gli ufficiali pubblici pur di non sottomettersi. Adesso, nonostante le minacce agli insegnanti, gli incendi nelle scuole, le bambine avvelenate con il gas, ci sono più di sette milioni di studenti in Afghanistan. Questa è una speranza. Ma stavolta il governo e i suoi alleati internazionali sono rimasti indietro rispetto al popolo: lo stipendio degli insegnanti è miserabile, il sistema scolastico è arretrato. Questa è una sfida.
Per la prima volta da decenni l'istruzione universitaria è stata liberalizzata. Ci sono più di trenta università private a Kabul. Questa è una speranza. Ma manca il collegamento tra queste università e gli istituti di ricerca scientifica dei paesi che vogliono aiutare l'Afghanistan. Questa è una sfida.
Questa è la prima volta nella storia dell'Afghanistan che il desiderio di modernità e cambiamento viene direttamente dal popolo, ma le forze della tradizione sono ancora molto forti. Tutti gli esperti di politica concordano sul fatto che coloro che avevano cercato di portare la modernità in Afghanistan non avevano fatto in modo di creare prima un contesto sociale e culturale favorevole. Erano preoccupati che tutto prendesse l'apparenza della modernità, che le persone si vestissero all'occidentale, che l'architettura imitasse lo stile europeo, che le macchine sostituissero i carri e i cavalli.
Adesso siamo consapevoli che i politici di allora non avevano la percezione di che cosa fosse veramente un governo moderno dove la responsabilità, la partecipazione, la trasparenza, la professionalità, la strategia e la progettualità sono i fattori fondamentali.
Dare una speranza al futuro dell'Afghanistan significa cambiare lo sguardo verso questo paese e non considerarlo più soltanto come un luogo militarmente strategico. Basta guardare chi sono i rappresentanti inviati dagli Stati Uniti e dagli altri paesi occidentali in Afghanistan negli ultimi anni: sono quasi tutti capi ed esperti militari che hanno visitato esclusivamente i signori della guerra dell'Afghanistan di ieri e di oggi. Mancano, al contrario, i rappresentanti delle istituzioni occidentali che si occupano di istruzione, ricerca scientifica e cultura.
Avvicinandoci al 2014 andiamo incontro a pericoli molto seri. Il rischio che l'Afghanistan possa nuovamente cadere nell'abisso della tradizione non è così forte come in passato, ma esiste ancora. Se ciò accadesse, in un mondo che sta diventando sempre più piccolo, l'Afghanistan questa volta non cadrebbe da solo.
* giornalista afghano della rete televisiva BBC
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