«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»
Manifesto di Ventotene

Due anni dopo... Il workshop di Politica responsabile

Paul Klee, particolare

(17 gennaio 2012) Quello che segue è lo stimolo iniziale per il workshop di Politica è Responsabilità che si svolgerà sabato prossimo 21 gennaio a Maso Martis, Martignano di Trento. A due anni dall'avvio di questa esperienza di confronto virtuale, 40 tesi per altrettanti direttori responsabili.

Affrontare la crisi

Vivere la crisi come un'opportunità, si è detto più volte. Bene, proviamoci. Perché se davvero crediamo che questa crisi non sia congiunturale, ma strutturale, vuol dire che ha a che fare con i fondamentali di un modello economico, sociale ed ambientale sul quale dovremmo interrogarci. Riflettendo in primo luogo su una finanza che ha annichilito l'economia. Nelle sue dimensioni devastanti che l'hanno trasformata in un immenso casinò, come nel sottrarre energie vitali alla ricerca e all'innovazione. E poi sulla conclusione di un ciclo che si basava sulla crescita infinita, facendo finalmente i conti con il carattere limitato delle risorse.

Il risanamento del debito pubblico così come la tassazione delle transazioni finanziarie possono rappresentare rimedi immediati, ma non risolvono la natura della crisi (meglio sarebbe parlare delle crisi) che invece richiede un cambio di paradigma, che investe l'azione politica come i comportamenti individuali.

Come già in altre epoche, la chiave della crisi è la conoscenza. La consapevolezza cioè dell'interdipendenza globale, dell'insostenibilità di un modello di sviluppo che non tiene conto della sua impronta ecologica. E del fatto che siamo già oltre il limite e che un futuro per gli abitanti del pianeta è dato solo dalla riconsiderazione degli stili di vita nella direzione della sobrietà.

Promuovere il ricambio

Di pensiero, in primo luogo. E quindi generazionale. Niente a che vedere con la "rottamazione", ma il far tesoro di quello che il Novecento nel bene e nel male ci ha consegnato.

Per "scollinare" il Novecento occorre un processo di elaborazione collettiva senza il quale non ci sarà nemmeno ricambio generazionale. Senza il quale una generazione continuerà ad occupare il passato, il presente e il futuro.

Tutto questo fa i conti con un diffuso conservatorismo, non solo delle classi dirigenti. Là dove alberga l'abitudine e il privilegio, la cultura della responsabilità fatica a farsi largo. E con essa il cambiamento.

Non c'è segmento del nostro agire quotidiano, tanto sul piano dell'economia come del welfare, dell'ambiente come della gestione dei beni comuni e della cosa pubblica, che non richieda cambiamenti di approccio, di culture, di persone.

Allora, la primavera non può rimanere solo la metafora di una nuova stagione del Mediterraneo. La primavera è uno sguardo diverso sul nostro tempo.

Costruire futuro

Dobbiamo saper raccogliere l'ansia da assenza di futuro che pervade l'universo giovanile e che inquieta ciascuno di noi, rischiando di trasformarsi in paura.

Dobbiamo farlo assumendo uno sguardo critico verso la "dittatura" del presente. Analizzando tendenze, prefigurando scenari, abbozzando risposte alle domande collettive.

Le sfide del tempo chiedono di essere affrontate in modo aperto, oltre la dimensione nazionale che appare sempre più anacronistica, lungo il difficile crinale che unisce lo spazio territoriale con quello sovranazionale.

La costruzione del futuro, infine, non può che scaturire da una commistione di apporti parziali, frutto di opinioni, saperi e sensibilità plurali.

Il risultato di una buona politica.

 

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