"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
(26 febbraio 2012) Si è sviluppato sul quotidiano "L'Adige" in questi giorni un confronto a partire da un commento del consigliere provinciale Rodolfo Borga che denunciava il fatto che in Trentino la Provincia non avrebbe rispettato il voto referendario sui temi dell'acqua. Quella che qui riportiamo è la risposta che ho dato a Borga. A seguire sono uscite le prese di posizione di Marco Bersani, del Forum acqua italiano, e di Francesca Caprini, a nome del Comitato acqua bene comune del Trentino. Entrambi contestano la scelta di andare allo scorporo del settore acqua di Dolomiti Energia verso una società in house (interamente pubblica) piuttosto che in gestione diretta (senza tener conto che i titolari dell'acqua sono i Comuni). Come non comprendere che una scelta di scorporo da DE rapresenterebbe un segnale inequivocabile di ripubblicizzazione, unica in Italia a livello regionale?
di Michele Nardelli
L'esito del referendum contro la privatizzazione del servizio idrico in Italia deve essere rimasto indigesto al consigliere provinciale Rodolfo Borga. E' dall'indomani dal voto, infatti, che l'esponente del PdL prova - uso le sue parole - a "svelare l'imbroglio" del voto referendario e la presunta incoerenza dei soggetti - politici o della società civile - che in Trentino si sono espressi a favore dell'abrogazione. Prima con la presentazione di un Disegno di legge dall'evidente carattere provocatorio che si proponeva di rovesciare la situazione precedente al referendum, passando dall'obbligo di privatizzazione a quello di pubblicizzazione. Poi nel cercare di dimostrare che in Trentino la gestione dell'acqua sarebbe nelle mani dei privati.
Un conto sono le idee diverse, la cui legittimità non sono io a dover ribadire. Altra cosa è invece la mistificazione, ovvero la distorsione della realtà. A cominciare da quel presunto silenzio assordante che sarebbe calato all'indomani del referendum. Perché il Trentino, attraverso le proprie prerogative autonomistiche, si è mosso concretamente prima dell'esito referendario per impedire che la legge Ronchi avesse effetto sul nostro territorio e, successivamente al voto, affinché il ramo acqua venisse scorporato da Dolomiti Energia relativamente a quei Comuni che ne avevano liberamente affidato la gestione.
Prima però di entrare nel merito del percorso realizzato, mi preme ricordare che - diversamente da quel che afferma il consigliere Borga - il quesito referendario si proponeva l'abrogazione dell'obbligatorietà della gestione privatistica del servizio idrico, ovvero il ripristino della situazione precedente che lasciava piena libertà ai Comuni di decidere le forme gestionali, fermo restando il carattere di demanio pubblico degli acquedotti. Un altro quesito più radicale, che avrebbe fatto divieto nella gestione idrica di avvalersi di società per azioni anche interamente pubbliche, non venne ammesso dalla Cassazione e dunque non sottoposto al voto degli italiani.
Entrando nel merito dell'"assordante silenzio", questo è nei fatti il percorso intrapreso dalla nostra autonomia.
Sarebbe questo l'assordante silenzio? Sarebbe questa la privatizzazione? Tutto questo sta ad indicare non solo la linearità di un percorso ma anche il valore politico sul piano della ripubblicizzazione per quanto riguarda le utenze gestite da DE nei comuni di Trento, Rovereto, Ala, Albiano, Aldeno, Borgo Valsugana, Brentonico, Calliano, Civezzano, Fornace, Grigno, Lavis, Mori, Nave San Rocco, Nomi, Roveré della Luna, Volano, Zambana finite impropriamente in una società come Dolomiti Energia nata per uno scopo diverso e comunque ad ampia maggioranza pubblica (Enti Pubblici il 62,7%, Utility locali 6,4%, Soci privati 30,9%). Valore riconosciuto di primaria grandezza da esponenti di primo piano di una realtà come il Contratto mondiale per il diritto all'acqua, il movimento che per primo in Italia ha avviato la battaglia contro la privatizzazione dell'acqua. Scorporo che comprende anche la riacquisizione dell'acquedotto di Trento e di quella parte dell'acquedotto di Rovereto realizzato da DE, il primo finito inerzialmente in DE per effetto dell'assorbimento della SIT (spa che era controllata al 99% dal Comune di Trento), la seconda realizzata con il contributo della PAT, che dunque non possono essere certo ceduti a prezzo di mercato.
Un percorso virtuoso che si pone nella tradizione che considera l'acqua come un uso civico, indisponibile e per questo sottratto a logiche di natura mercantile o, peggio ancora, finanziaria.
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