"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
(27 febbraio 2012) Il dott. Breigheche Aboulkheir, presidente della comunità islamica del Trentino Alto Adige e esule siriano, mi segnala questa intervista a Massimo Cacciari che volentieri propongo ai lettori.
L'ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari è una delle figure più autorevoli nel panorama culturale italiano, studioso di filosofia e di religioni. La Siria e il medio Oriente li conosce molto bene, meta di suoi viaggi recenti.
«Qualche anno fa sono stato ad Hama, in una delle città che erano state più gravemente colpite dai bombardamenti di Hassad nel 1982, quando il regime aveva represso nel sangue, con migliaia di morti, i primi tentativi di rivolta contro la dittatura. Una città meravigliosa, con i caratteristici mulini sull'acqua, candidata a essere sito dell'Unesco, un popolo meraviglioso. Eravamo stati ricevuti dal sindaco e dalle autorità locali. Ma di quello che era successo pochi anni prima non si poteva parlare. Il clima era di palese terrore, alle nostre domande nessuno rispondeva».
Allora non si immaginava che la situazione sarebbe esplosa.
«Il vulcano covava sotto le ceneri, ma tutto era coperto dalla lotta al "nemico universale", Israele, che in quei giorni aveva bombardato il Libano. La tensione c'era, ma il cambiamento non si percepiva, come del resto non lo percepiva in Libia. L'opposizione a questi regimi è molto vasta. Ma come sempre la politica occidentale agisce in modo ipocrita. Annuncia interventi per motivi umanitari, per difendere le popolazioni. Invece agisce per calcolo politico e basta, alla faccia dei diritti umani».
Che significa?
«Che quando l'Occidente aveva interessi economici non ha esitato a bombardare, a scatenare la guerra. Lo hanno fatto in Iraq, in Afghanistan, in Libia, a Belgrado a due passi da casa nostra. Dietro la bandiera dei diritti umani, di cui invece non frega niente a nessuno».
Cosa si dovrebbe fare subito?
«Intanto ottenere una risoluzione dell'Onu perché almeno la Croce Rossa possa portare aiuti, Emergency possa aprire un ospedale, Cina e Russia non si opporrebbero. Non possiamo tollerare come se niente fosse lo sterminio di decine di persone ogni giorno».
Invece l'Occidente non si muove.
«No, perché non hanno alcun interesse. Neanche l'assassinio dei giornalisti ha mosso nulla. E poi quella è un'area strategica, e c'è il timore che il conflitto possa allargarsi all'Iran. la guerra degli americani all'Iraq è stata resa possibile dal fatto che Iraq e Iran erano nemici. E' la realpolitik».
Allora come ci si muove?
«Bisogna far sentire a questa gente che esiste un interesse, una solidarietà internazionale per la loro lotta contro il regime. Se io stessi combattendo lì sarebbe essenziale trovare nel computer segnali di interesse dal mondo. Per questo bisogna muoversi. Dove sono finite le bandiere della pace che sventolavano in piazza fino a qualche tempo fa?»
La politica non c'è più.
«Il governo fa il suo, anche se il ministro degli Esteri è in mano a un tecnico, a un funzionario. Meglio di prima, quando facevamo figure ridicole per il mondo. Ma non basta. Io parlo dei partiti, che potrebbero approfittare di questa vacanza per farsi sentire per qualche causa nobile».
Invece?
«Invece sono lì a fare le battaglie per difendere bandierine di 40 anni fa. Sembra che l'unica cosa che esiste sia l'articolo 18. E' ora di svegliarsi, il centrosinistra batta un colpo. E' una vergogna che l'Occidente stia a guardare. Per questo abbiamo organizzato come Fondazione Pellicani un incontro con gli amici siriani e i rappresentanti della primavera araba. per alzare il nostro orizzonte e far sentire a quei popoli martoriati, stretti tra le minacce della dittatura e l'incubo del fondamentalismo islamico, che non sono soli».
Intervista di Alberto Vitucci da La Nuova Venezia del 26 febbraio 2012
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