"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
(22 aprile 2012) La prima cosa da fare per cercare di affermare la cultura del limite è individuare i limiti. Definire cioè quali sono gli ambiti nei quali si può migliorare. Se finalmente iniziamo a comprendere i guasti di uno sviluppo illimitato, non solo è necessario iniziare a fare scelte appropriate, ma anche porre rimedio ai settori dove ci sono problemi e sprechi.
Farlo non è facile, come non sarà facile cambiare rotta sulle aspettative crescenti che l'idea e la pratica di uno sviluppo inteso come illimitato hanno reso così diffuse e date per scontate. Non solo, ma tuttora da chi governa continuando a parlare di crescita, e dalla comunicazione dei media utilizzati per scopi commerciali, avvertiamo come l'opinione pubblica venga spinta a comportamenti all'insegna dell'idea che "di più è meglio".
Una cultura del limite richiederà azioni mirate e costanti e chi si propone civilmente e pioneristicamente di promuoverle deve sapere che cambiare idea e mentalità per noi esseri umani è difficile. È bene affrontare la questione partendo da un attento esame di realtà, proprio per aumentare le possibilità di riuscita.
Vale la pena far propria l'indicazione di Robert Musil, che ne L'uomo senza qualità scrive: "Chi voglia varcare senza inconvenienti una porta stretta deve tenere presente il fatto che gli stipiti sono duri". E la porta del cambiamento di mentalità e di comportamenti, soprattutto dove esistono aspettative crescenti in atto, consolidate come forza dell'abitudine, è davvero stretta.
Certo, si può cambiare per trauma, e la crisi in atto di traumi ne sta creando in una parte della popolazione più svantaggiata, ma una cultura del limite richiede progettualità e scelte dedicate. Soprattutto nella parte propositiva, in quanto una difficoltà ad affermarla potrebbe essere proporla solo come strategia negativa, solo come privazione e non, ad esempio, come riequilibrio e scelte di giustizia sociale.
Un'attenta analisi dei dati del Rapporto Quars sugli indici di qualità regionale dello sviluppo per il 2011, presentato all'interno delle iniziative "Nel limite", del Forum Trentino per la pace e i diritti umani, può essere un contributo a fare i conti sia con i limiti necessari da darsi per un futuro possibile, sia con i limiti che abbiamo oggi nella capacità di creare opportunità e valorizzare le risorse disponibili.
Due sono i dati che, in una descrizione dello stato delle cose riguardo al benessere e alla qualità della vita vedono il Trentino ai primi posti in Italia, tra gli altri meritano attenzione: le pari opportunità e l'istruzione. Sono gli ambiti in cui il Trentino esprime le posizioni relative più basse, vicine alla media nazionale.
Ora ci sono almeno due modi di leggere i dati: uno che enfatizza quello che abbiamo; l'altro che si concentra su quello che ci manca. Una cultura del limite appropriata si crea anche domandandosi come affrontare meglio, stanti le risorse disponibili, queste due questioni, che sono due sprechi gravi. Un futuro fatto di sviluppo appropriato e di qualità richiede certamente conoscenza e competenze elevate. Richiede, inoltre, opportunità dedicate e rimozione degli ostacoli, soprattutto culturali e ideologici, per le capacità delle donne e per il contributo che possono dare alla costruzione di una società migliore e più giusta.
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