"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
(12 maggio 2012) "Nessuno può volontariamente non capire una frase", scrive magistralmente Andrea Moro, (in Parlo dunque sono, Adelphi, Milano 2012; p. 9). Possiamo decidere di non andare in un luogo; di non mangiare o di non bere qualcosa, ma non di non capire una frase quando la leggiamo o ce la dicono. Ma allora perché diviene così difficile capire o rendersi conto di alcune questioni così evidenti e sempre più urgenti nel tempo in cui viviamo?
Vince la resistenza a perseverare nell'abitudine. Sentiamo ribadire il mito della crescita e, anche a livello locale, la vogliamo a tutti i costi e senza condizioni. C'è chi vuole riprendere a costruire case, senza se e senza ma; quelle scelte consumerebbero suolo e paesaggio senza chiedersi se servono case e se si venderebbero.
È raro sentire qualcuno che si chieda: sì, ma quale crescita?; quale sviluppo?; quale economia per quale società?. C'è chi attende di ricominciare a fare operazioni finanziarie spericolate che garantiscano arricchimenti veloci, come prima della crisi in atto, senza rendersi conto che è stato quel modo di fare e pensare a causare la crisi. C'è chi vuole continuare a non pagare le tasse o a sprecare perché lo ritiene possibile o, ancor di più, pensa che sia proprio la cosa da fare per i propri vantaggi.
Eppure i segni di un cambiamento epocale e non provvisorio sono evidenti e i limiti ancora di più. Quel Club di Roma che pubblicò quarant'anni fa "I limiti alla crescita", snobbato dall'ortodossia economica, oggi torna a impegnarsi in una pubblicazione che disegna lo scenario dei prossimi quarant'anni: 2052: A Global Forecast for the Next Fourty Years.
È difficile essere negazionisti, sostenere cioè che siano esagerate le previsioni di questo rapporto, soprattutto dopo le conferme del rapporto precedente e dopo che abbiamo scoperto che la più grande multinazionale del petrolio ha finanziato le tesi negazioniste e chi, con un'etica scientifica a dir poco discutibile, le ha sostenute.
Scopriamo che il riscaldamento del pianeta sta avvenendo ad una velocità superiore a quella prevista; ciò inciderà pesantemente sul cambiamento del clima. La causa principale di tutto questo è il dominio di modelli economici di sviluppo a corto termine.
L'umanità ha ormai superato la disponibilità di risorse sulla Terra ed emettiamo in un anno il doppio di gas serra che può essere assorbito dalle foreste e dagli oceani del pianeta. L'aumento progressivo della popolazione è una delle questioni cruciali insieme ai sistemi energetici basati sui combustibili fossili e ad alta produzione di carbonio. Se le informazioni sono così chiare e la riduzione dell'"impronta ecologica" è l'unica via possibile, c'è da chiedersi perché non capiamo una questione che è, evidentemente, la più importante.
Resistiamo a capirla in ogni modo e chi è responsabile della ricerca in molti campi, unitamente a chi governa sistemi allargati e locali, ha un compito etico e epocale inderogabile a favorire il superamento di quelle resistenze. Evidenziare la bellezza e la sobrietà del limite è un primo passo in quella direzione.
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