"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Al Festival dell'economia, il filosofo francese Serge Latouche spiega le sue teorie sulla decrescita serena e sull'abbondanza frugale
(3 giugno 2012) Serge Latouche, economista, filosofo e scrittore francese, non ha certo deluso le attese dei molti che lo attendevano al Festival e di certo non ha avuto peli sulla lingua nei confronti degli economisti tradizionali. "Se la domanda, parafrasando il titolo di un bel film francese, è "I nostri figli ci accuseranno?", la risposta è chiarissima: "di certo non ci ringrazieranno!"
La società della crescita infinita, del benessere che aumenta senza soluzione per arrivare chissà dove, è una società che non conosce alcun tipo di limite. Poiché però non vedo le prospettive di un effettivo cambiamento, penso che il nostro futuro sarà più vicino all'idea di un suicidio collettivo!
Siamo tutti responsabili, ma alcuni lo sono di sicuro più degli altri: le élite politiche ed economiche che sono più disponibili a salvare il destino delle banche, invece che quello della banchisa polare; che sono più sensibili al loro tenore di vita che a quello degli oceani; i cui comportamenti avranno come conseguenza che i nostri figli, un giorno giunti all'età matura, non avranno più alluminio, non avranno più petrolio, non avranno più giacimenti di uranio per far funzionare centrali nucleari a quel punto del tutto inutili...
Questi nostri figli e nipoti di certo non potranno ringraziarci!" E come uscirne? "Se vogliamo evitare il collasso e limitare i danni di una catastrofe che è già in atto - ha concluso Latouche di fronte a un uditorio silenzioso e attento, - e assicurare alle future generazioni una vita la più armoniosa possibile, la prima cosa da fare è rifiutare l'idea di una società della crescita. Dobbiamo cambiare paradigma e costruire tutti assieme una società della decrescita, della prosperità senza crescita, un consesso umano in cui trionfi l'abbondanza frugale, proprio come disse e testimoniò fino alla morte il Mahatma Gandhi!"
Ma quale mondo lasceremo ai nostri figli? Serge Latouche, introdotto dal giornalista francese Eric Jozsef, ha sintetizzato in poco meno di un'ora di intervento praticamente l'intera sua filosofia della decrescita serena, partendo da una serie di accuse esplicite lanciate a pensatori, filosofi ed economisti, da Bacone fino ai contemporanei.
"Costante e deleteria è stata la deligittimazione della Natura, a partire da Bacone - ha esordito Latouche, - secondo il quale essa altro non è che la prostituta dell'Uomo, mentre per Cartesio lo stesso Uomo è padrone e possessore di tutto ciò che è nell'ambiente. E non si pensi che queste idee col passar del tempo siano mutate o si siano ammorbidite, visto che solo nel 2002 gli esperti dell'amministrazione Bush, di fronte all'allarme lanciato negli Stati Uniti per il surriscaldamento della terra, affermavano che la crescita è la chiave del programma ambientale e che essa rappresenta da sola la soluzione e non il problema".
Abbracciare la decrescita, ha proseguito il filosofo francese, già oggi è troppo tardi: "Da qui alla fine del secolo si calcola che, comunque vadano le cose, avremo un riscaldamento dell'atmosfera pari a due gradi centigradi, e già solo questo è un dato altamente drammatico. Se tuttavia non abbandoneremo la crescita infinita, se continueremo pervicacemente lungo la strada di un abuso continuo nei confronti della Natura e delle sue risorse, il riscaldamento sarà di ben cinque gradi, con conseguenze veramente catastrofiche e facilmente immaginabili".
Insomma: ci siamo dimenticati che esiste una Natura! Le abbiamo negato i più elementari diritti, "abbiamo negato il contenuto della seconda legge della termodinamica, nel senso che siamo ormai convinti della perfetta sostituibilità tra i fattori di produzione, perciò tutti credono di poter risolvere i problemi ambientali creando un mondo migliore usando l'industria! È come se fossimo certi che, riducendo la quantità di farina e di uova nel composto di una torta, saremmo capaci comunque di cucinare una torta più grande solo aumentando le dimensioni del forno, oppure usando due cuochi invece di uno! Viviamo nella follia di ritenere che la tecnoscienza sarà capace di risolvere tutti i problemi, da quello dell'uso delle risorse ambientali a quello dell'inquinamento della terra. In altre parole: stiamo bellamente scaricando sui nostri figli e sui nostri nipoti l'incarico, la responsabilità e i costi faraonici di risolvere problematiche quali l'esaurimento del petrolio, l'inquinamento nucleare, la diminuzione della popolazione ittica negli oceani e moltissimo altro ancora..." E per di più lo facciamo creandoci gli alibi delle teorie economiche della crescita infinita.
E che cosa significa scegliere invece la strada di un'economia della decrescita serena? Dell'abbondanza frugale? "Innanzitutto occorre - ha sottolineato Latouche, - diminuire drasticamente l'impronta ecologica, e cioè le conseguenze del peso dell'Uomo sull'ambiente, sulla Natura sulla terra. Dobbiamo quindi abbracciare un'economia circolare, un'economia che non produce rifiuti o che, se è costretta a farlo, pensa fin dall'inizio a come riciclarli per produrre nuovi manufatti, nuovi utensili, nuovi prodotti. Dobbiamo ridurre la dipendenza dal mercato, dobbiamo demercificare la terra, il lavoro e il denaro, riappropriandoci del tempo, riducendo le distanze, riscoprendo la lentezza, lavorando di meno per poter godere di più del proprio tempo libero, ritrovando la vita contemplativa e non solo quella attiva... È il cosiddetto circolo virtuoso delle otto erre - ha concluso Latouche: - rivalutare i valori; riconcettualizzare le idee; ristrutturare i pensieri; rilocalizzare la vita; ridistribuire le ricchezze; ridurre gli sprechi, l'impronta ecologica, l'orario di lavoro; riutilizzare ciò che prima veniva gettato e quindi riciclare il più possibile. Infine è necessario vivere con spirito di resilienza, e cioè ritrovando la capacità di resistere positivamente a tutti questi cambiamenti".
Nella pratica per Latouche è indispensabile richiedere ai governi una moratoria sull'innovazione tecnologica che risulta essere soprattutto un dispendio di risorse non rinnovabili; una moratoria sulla ricerca sanitaria per favorire pratiche mediche legate alla naturalità dell'ambiente rispetto a quelle proprie dell'industria farmaceutica o della genetica; un riappropriarsi della terra, del tempo libero, della proprietà della moneta, che non dev'essere più appannaggio delle sole banche...
Insomma: se ancora ci poniamo la fatidica domanda "I nostri figli ci accuseranno?", Serge Latouche ci ha fornito numerosi motivi per pensarci e, magari, anche per cominciare a reagire.
a cura dell'Ufficio stampa della PAT
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