"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Questo intervento viene pubblicato oggi sul Corriere del Trentino
di Michele Nardelli
(22 novembre 2012) E' questo un passaggio di tempo incerto. La politica dovrebbe aiutare a farci sentire meno soli, ma questo richiede una capacità di lettura e di visione oltre la quotidianità che fatica ad avere. Credo abiti qui la crisi della politica.
Ovviamente c'è anche dell'altro, in ordine ai privilegi e alle modalità di selezione e di formazione della classe dirigente. Ma sbaglieremmo a pensare che una volta tagliati i vitalizi e rottamati gli inamovibili, possa ritornare il sereno. Occorre saper imparare da un Novecento che ancora non abbiamo saputo elaborare e ri-scoprire la bellezza del passare la mano, per evitare che il nostro linguaggio sia quello dello sfasciacarrozze.
Per questo sostengo Bersani, con la fiducia che ci aiuti ad oltrepassare questa tormentata fase, prevalendo nelle primarie di domenica prossima ma immaginando che questa possa essere la condizione per l'affermazione del centrosinistra nelle elezioni politiche della prossima primavera.
E', la mia, un'adesione con riserva, nella speranza che sappia governare aprendo bene gli occhi su un "sistema mondo", così strettamente connesso che nulla e in nessun luogo può accadere senza che in qualche modo ci tocchi tutti quanti.
Facendo propria la nozione di "limite" come "vincolo-obiettivo" da incorporare stabilmente nel nostro operare politico. Mettendo al centro la questione del lavoro, senza dimenticare però che la posizione di rendita del lavoratore occidentale sugli altri lavoratori è finita, a fronte della domanda di giustizia che viene da chi (ed erano i 4/5 dell'umanità) non aveva alcun accesso alla redistribuzione del reddito, che rivendica dignità a Pomigliano come a Kragujevac, a Detroit come a Sao Paulo. Consapevoli che nel 2030, cioè domani, saremo sulla terra in 9 miliardi di esseri umani e che o faremo posto per tutti o sarà la guerra di tutti contro tutti.
Sapendo che questo significa anche "guardarci dentro", favorire la valorizzazione dell'unicità di ogni territorio, quello straordinario "bene comune" fatto di cultura e di biodiversità che rappresenta l'Italia. Volgere lo sguardo all'interno di sé come paese significa riscoprire la terra, la storia, i luoghi, le vocazioni dei territori... Una gigantesca manutenzione, sviluppando a questo fine tecnologie e produzioni, alzando i livelli di qualità e di coesione per rimettere a nuovo le contrade, i borghi, le città: un'apertura al mondo come invito, come immagine, come idee - queste sì - esportabili.
La territorialità è fondativa di questa visione endogena, connette in orizzontale, coopera e viene in soccorso nel bisogno ben più efficacemente di un ordinamento verticale (e autoritario) che pensa di affrontare le sfide di una crisi diventata normalità a prescindere dal coinvolgimento dei territori.
E che fa dell'Europa il proprio orizzonte, perché oggi la cifra di ogni problema è insieme territoriale e sovranazionale, collocando il nostro territorio in una rete europea e mediterranea, dove la cessione di sovranità ci possa aiutare ad una appartenenza più intensa, più grande e di valore universale.
Mi sembrano idee semplici e al tempo stesso esigenti, non lontane da quello che questa terra, il Trentino, ha cercato esprimere in questi anni di solitudine politica in un nord preda dello spaesamento e della paura. Non amo le primarie, perché vorrei che la partecipazione fosse pratica quotidiana e non episodica. Ma nel risveglio di partecipazione di queste ore, che prende le primarie come quello che c'è per rivendicare almeno il diritto di parola, spero che questo sguardo possa trovare cittadinanza.
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