"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Una centrale sul lago di Garda e una sul fiume Adige. Quale idea di sviluppo per il Trentino?

di Roberto Pinter

Alfons Benedikter mi raccontava del suo amore per il Monte Baldo e della sua abitudine di percorrerlo a piedi per coglierne la bellezza del legame con il lago di Garda e io pensando alla mia abitudine di camminare per le montagne del Sudtirolo ero colpito da questa attenzione, ma ne coglievo anche il senso.

Ogni montagna ha la sua peculiarità e ogni paesaggio ha una esclusiva bellezza e per il mondo tedesco il binomio Garda Baldo vale ancor di più di quanto non valga per noi che quotidianamente lo viviamo.

Benedikter è stato anche uno dei più decisi sostenitori della richiesta di riscatto dallo sfruttamento idroelettrico senza limiti da parte dell'Enel e dell'Edison, in gran parte recepita dallo Statuto d'autonomia, anche se ci sono voluti 50 anni per ottenere le norme d'attuazione che restituiscono il demanio idrico alle autonomie provinciali e locali.

Ho pensato allo Statuto e alle passeggiate di Benedikter quando ho rivisto i progetti di realizzazione delle nuove centrali che pomperebbero l'acqua del Garda in cima al Baldo o cambierebbero il corso dell'Adige con dei salti artificiali.

Da vicepresidente ho avuto i privilegio di tradurre il riscatto previsto dallo Statuto, con i rilasci imposti per rispettare il deflusso minimo vitale e con le norme del Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche che ne fissa i modi rispettando la sicurezza e la qualità del territorio, ed ero e sono peraltro convinto sostenitore del protagonismo dell'autonomia nel campo energetico.

L'autonomia del Trentino ha  infatti bisogno della autosufficienza energetica, perché nessuno può essere libero di scegliere il proprio modello di sviluppo se dipende dalle risorse energetiche di altri, e dunque non può essere ignorato ogni tentativo di aumentare l'efficienza energetica e la produzione di energia con fonti rinnovabili. Ma occorre chiedersi quale sia il limite allo sfruttamento delle risorse naturali di un territorio.

In questi giorni, a fronte dei nuovi progetti di sfruttamento, assistiamo alle proteste degli amministratori locali, alla nascita di comitati e alla richiesta di consultazioni popolari. Quello che non si capisce è perché la politica trentina non sia capace di dire in prima battuta se sono progetti coerenti con il Pguap, con il Pup, con lo Statuto, perché non indica in modo chiaro e inequivocabile a che altezza pone l'asticella per il proprio sviluppo, quale sia il limite e dunque quale il modello sotteso.

Purtroppo dalla scorsa legislatura è invalso il sistema di ammettere ogni istanza, di portarla alla valutazione di impatto e di vedere cosa ne dice il popolo e solo in seconda battuta si mettono gli eventuali paletti. Una politica ipocrita che si nasconde, quando sarebbe richiesta una indicazione netta sulla strategia e sul modello di sviluppo.

Le acque del Garda sono una delle risorse più preziose del Trentino al punto da vietarne la navigazione a motore  e non a caso ogni offerta turistica del Trentino parte anche da questo patrimonio, ma si propone di escludere l'accesso ad uno dei tratti più belli, quello di Tempesta, per pompare l'acqua in cima al Baldo ed alimentare così una centrale idroelettrica. Una centrale che non aumenterebbe la capacità del Trentino di produzione di energia dato che ne consumerebbe più di quella che produrrebbe, ma che realizzerebbe (forse) dei profitti immettendola in rete nelle ore di punta quando viene pagata di più. Si comprometterebbe l'immagine e la qualità del Garda solo per fare business.

Per lo stesso business il Monte Baldo, che si vorrebbe riconoscere come parco naturale per valorizzarne le peculiari qualità, diventerebbe un grande cantiere e verrebbe stravolto nelle viscere, compromettendo il Garda - Baldo che per milioni di turisti è attrazione vincente e dunque risorsa economica, la cui rinnovabilità andrebbe con lungimiranza salvaguardata.

Contemporaneamente si pensa sull'altra pendice si progetta di realizzare, contro ogni logica di qualità del sistema trentino, una centrale termoelettrica nel comune di Mori e una centrale sul fiume Adige in uno dei tratti più tipici dei vitigni della Vallagarina.

Quello che preoccupa di un progetto di alterazione della naturalità del corso dell'Adige per una centrale che ne sfrutti i salti artificialmente creati (compromettendo paesaggio e navigabilità), è la presenza, come peraltro per la centrale sul Garda, del pubblico nelle società richiedenti o comunque interessate.

Preoccupa che il riscatto delle acque e il controllo pubblico invece di portare all'innalzamento della qualità ambientale spinga a richiederne il massimo sfruttamento. I Comuni e la Provincia che per anni hanno protestato contro il mancato rilascio del minimo deflusso vitale e il conseguente prosciugamento dei torrenti, oggi sono molte volte i primi a chiedere la deroga o a partecipare a progetti di sfruttamento in quanto beneficiari dell'energia o del profitto ricavato.

Non va sprecata la possibilità di ricavare energia pulita e dunque giusto usare al meglio ogni opportunità ma paesaggio, naturalità e qualità delle acque valgono altrettanto dell'energia perché sono la nostra materia prima e non si può sacrificare uno dei valori per realizzarne un altro.

Sconcertante è una politica che non ne abbia la consapevolezza. E' troppo chiedere che si maturi finalmente un'idea chiara del futuro auspicabile per questa terra e non più come pura mediazione tra interessi di piccola o grande bottega. Non è più tempo di tutto un po', un po' di nucleare, un po' di petrolio, un po' di rinnovabili, un po' di acqua e un po' no, un po' di paesaggio e un po' di sfruttamento. Sarebbe, prima che sia tardi, il tempo delle scelte.

 

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