"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Catalogna, il voto non premia l'indipendenza

(26 novembre 2012) Il "sogno" di una Catalogna indipendente si allontana. Artur Mas, uscito vincitore ma molto ridimensionato dalle urne catalane rispetto al 2010, ovviamente lo nega, ma rischia seriamente di dover rinunciare al referendum sull' "Estado Propio", lo Stato indipendente. L'indipendenza è stato il tema centrale della campagna elettorale, ma dallo scrutinio emerge una maggioranza a favore dell'indipendenza eterogenea e ingovernabile.

I dati finali delle elezioni regionali in Catalogna, tenute in un clima surriscaldato per una possibile secessione dalla Spagna, hanno confermato come prima forza politica di destra Convergencia i Uniò (CiU) con 50 seggi: i nazionalisti moderati del 'governatore' catalano Artur Mas hanno però subito un forte calo rispetto alla legislatura precedente, quando ne avevano 62, e restano lontani dalla maggioranza assoluta di 68. Al secondo posto, in una consultazione che ha fatto registrare la partecipazione record del 70% degli elettori, il partito della sinistra indipendentista Esquerra Republicana de Catalunya (Erc), cresciuto di 11 seggi, a quota 21 deputati.

Secondo alcuni osservatori, Mas può soltanto mettere la minaccia indipendentista sul tavolo delle trattative con Madrid, sperando di ottenere nuove concessioni, come una maggiore autonomia e forse un regime fiscale più vantaggioso. Ma non è detto che funzioni, perché la distanza tra il suo partito, il centrista Convergencia i Unio, e quello della sinistra indipendentista di Esquerra Repubblicana de Catalunya (solo assieme avrebbero la maggioranza assoluta in Parlamento) appare incolmabile su quasi tutti i temi. Il Parlament di Barcellona conta sì una maggioranza di deputati secessionisti, ma il partito centrista di Mas non solo non è riuscito a strappare la maggioranza assoluta da solo ma ha perso fino a 7 seggi secondo i primi exit poll. E in Spagna in queste ore c'è addirittura chi non esclude l'ipotesi delle dimissioni di Mas.

Lo scrutinio odierno, considerato un test a livello continentale, è stato seguito con grandissimo interesse in tutta Europa e non solo nelle aree secessioniste, come Scozia e Fiandre o le 'regioni padane'. Se la strada di Mas appare in salita già a Barcellona, lo è ancora di più al di fuori dalle frontiere della Regione, in Spagna e nell'Unione europea, dove le incertezze e i dubbi sono ancora più numerosi. Per questo gli ambienti industriali catalani sono contrari all'indipendenza, secondo un sondaggio solo il 37% degli abitanti è pronto a un'avventura da soli, fuori dall'Unione europea.

Lo scoglio spagnolo, il primo da superare per organizzare il referendum, è già molto tagliente. Deve essere il Re a convocarlo, autorizzato dal Parlamento di Madrid, a sua volta convinto dalla Generalitat che si tratta di uno scrutinio indispensabile. Davvero difficile che possa succedere.

La legge votata dalla Catalogna teoricamente consente di indire un referendum nella regione, ma nel rispetto dell'ordinamento spagnolo, in base ad una costituzione che esclude qualsiasi secessione e addirittura la possibilità di votarla. Lo scoglio europeo è ancora più arduo da superare, come ricorda su El Pais Xavier Vidal-Folch, e questo potrebbe portare i due terzi dei catalani a votare contro l'indipendenza.

www.unita.it  

 

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