"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
(28 novembre 2012) Quattro anni fa, in quei drammatici giorni che seguirono l'assedio di Gaza, lanciammo un appello dal titolo: "La questione morale del nostro tempo". Rappresentava il tentativo non solo di uscire dalla spirale della guerra ma anche dai rituali dello schierarsi con le parti in conflitto, per provare ad indicare una prospettiva diversa, capace di modificare il nostro sguardo su un conflitto che affonda le proprie radici nel cuore di tenebra dell'Europa e del suo Novecento.
Si avviò una carovana. Si nutriva di culture e di storie che la guerra intendeva cancellare, di resistenza nonviolenta a dispetto della chiamata alle armi, di relazioni fra territori e persone nell'intento di valorizzare luoghi e saperi che nell'intreccio del Mediterraneo hanno costruito straordinarie civiltà niente affatto in conflitto. Una rete fittissima di esperienze che hanno interagito con la "primavera araba" dopo la quale niente è più come prima.
Oggi la storia sembra ripetersi, quasi a voler abbattere i ponti di dialogo costruiti a fatica nel contesto dei grandi cambiamenti di questo tempo. Di nuovo assistiamo impotenti al dilagare della guerra. Le popolazioni civili vedono aggiungersi nuove sofferenze e nuove distruzioni, tanto in Palestina dove nuovi lutti si aggiungono ad una interminabile lista del dolore, quanto in Israele dove un numero pur minore di vittime non attenua lo stato di tensione e di paura. Per entrambi, l'insicurezza e l'incertezza del domani avviliscono l'esistenza ed offuscano le menti.
Ora che i bombardieri tacciono e la tregua sembra reggere, dobbiamo sapere che i
problemi sono immutati e che il campo della belligeranza si è fortificato, che i sondaggi di opinione danno in crescita i falchi ottusi e le tendenze estreme. I proclami di guerra e di odio hanno contaminato il linguaggio quotidiano, costringendo in una posizione minoritaria la ragionevolezza e il buonsenso, mentre tutti noi diventiamo vittime collaterali.
Eppure siamo consapevoli che la guerra non porta da nessuna parte, tanto è vero che
gli ultimi conflitti nel Vicino Oriente si sono risolti in un vano e catastrofico esercizio di potenza, deteriorando situazioni già intollerabili, impoverendo di umanità e di intelletto popolazioni già provate e allontanando l'orizzonte di pace e serenità per una vita dignitosa. E che il dialogo è l'unica alternativa alla guerra.
In queste ore, con un nuovo appello vorremmo essere vicini a tutti, gettare una pietra nello stagno che ci ha trasformato in impotenti spettatori o in agguerriti tifosi.
Noi sappiamo che nel diritto, nella legalità internazionale e nelle sue molteplici convenzioni, esiste uno spazio di vita e di dignità per tutti. Sappiamo anche che il Mediterraneo è uno spazio non solo geografico ma anche culturale e politico nel quale costruire una prospettiva di incontro e convivenza fra i popoli. Così come sappiamo infine che "la pace dei coraggiosi" continua a rappresentare l'unica scelta possibile per una vita in sicurezza, per la dignità, la crescita umana e culturale di entrambi i popoli.
Per questo siamo a chiedere la convocazione di una nuova conferenza internazionale
per la pace che riparta da dove i colloqui si sono interrotti. Chiediamo all'Italia e all'Europa di sostenere, presso l'Assemblea generale delle Nazioni Unite la richiesta di Abu Mazen a nome di tutto il suo popolo per il riconoscimento dello Stato palestinese entro i confini del 1967, come contributo a rafforzare la pace in tutta una regione oggi segnata dall'instabilità, dal soffocamento violento delle istanze di libertà e di democrazia.
Questo passaggio aiuterà altresì le nuove democrazie nel mondo arabo ad evolversi
verso un vero stato di diritto e getterà le basi per una proficua cooperazione regionale e mediterranea, nel quale le grandi risorse umane e materiali siano valorizzate a favore della vita e dello sviluppo umano.
Con il nostro appello intendiamo dare vita ad un presidio permanente contro la guerra a favore della pace in Palestina e Israele, sulla base della legalità internazionale. Ci rivolgiamo a tutti, in modo particolare a tutti i giovani, senza distinzione di fede o nazionalità, che hanno ereditato un mondo dilaniato dalla guerra e depauperato da scelte politiche insensate, perché il nostro Mediterraneo riacquisti il suo splendore.
Per adesioni: mezzalunafertile.wordpress.com
Moni Ovadia, scrittore, autore teatrale
Ali Rashid, giornalista e scrittore
Fausto Raciti, segretario nazionale Giovani democratici
Le prime adesioni:
Antonio Bassolino, Presidente "Fondazione Sudd"
Pierluigi Bersani, Segretario nazionale Partito Democratico
Mercedes Bresso, Presidente comitato regioni europee
Susanna Camusso, Segretario generale CGIL
Nandino Capovilla, Presidente nazionale Pax Christi
Andrea Cozzolino, europarlamentare Pd
Rosario Crocetta, Presidente Regione Sicilia
Vasco Errani, Presidente Regione Emilia-Romagna
Stefano Fassina, Resp. Economia e lavoro Partito democratico
Lorenzo Floresta, Presidente Giosef Italia
Roberto Gualtieri, europarlamentare Pd
Antonio Liaci, segreteria regionale Pd Emilia-Romagna
Federica Martiny, Gioventù federalista europea
Davide Mattiello, presidente fondazione "Benvenuti in Italia"
Gennaro Migliore, resp. Esteri Sinistra e libertà
Michele Nardelli, consigliere Provincia Autonoma di Trento
Matteo Orfini, resp. Cultura Partito democratico
Antonio Panzeri, europarlamentare Pd
Gianni Pittella, Vicepres. Parlamento europeo
Alessandro Portinaro, Centro per l'iniziativa europea
Enrico Rossi, Presidente Regione Toscana
Pasqualina Napoletano, Resp. politiche europee Sinistra e libertà
Nichi Vendola, Presidente Regione Puglia, segr. naz. Sinistra e libertà
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