"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Edoardo Arnoldi
Per il Partito Democratico le primarie rappresentano ormai uno strumento consolidato e irrinunciabile di partecipazione democratica. Quelle del 29 e 30 dicembre scorsi avevano, in più, lo scopo di limitare gli effetti distorsivi della vigente legge elettorale che espropria, di fatto, gli elettori della possibilità di scegliere direttamente i propri rappresentanti.
Ma le primarie hanno assunto via via anche un altro significato: sono diventate un momento di incontro tra il partito e gli elettori e, più in generale, occasione di socializzazione sui temi della politica. E' certamente da ritenersi un valore aggiunto molto importante, che dobbiamo saper correttamente valorizzare per allacciare e riallacciare quei collegamenti tra politica e cittadini che risultano sempre più deboli e precari.
Con particolare riferimento all'appuntamento trentino del 30 dicembre scorso, ho svolto per alcune ore la mia attività di volontario presso il seggio dell'Oltrefersina, così com'è avvenuto in tutte le primarie precedenti. Quello che è avvenuto durante la giornata e gli esiti del voto mi suggeriscono alcune riflessioni che ritengo opportuno proporre e, possibilmente, farle diventare tema di confronto.
Partiamo dai dati oggettivi:
1. il numero dei votanti, pur con tutte le attenuanti del caso, è risultato troppo inferiore rispetto al potenziale;
2. l'età media, da verificare, era molto alta, probabilmente più alta anche rispetto alle primarie per la scelta del candidato premier di fine novembre;
3. la maggior parte dei votanti chiedeva di poter visionare l'elenco dei candidati, dimostrando in tal modo di consocerli poco.
Ne consegue che:
1. la legittimazione dei candidati, in base ai numeri, mi pare modesta rispetto alle
attese;
2. è molto difficile parlare di voto "giovane" con riferimento all'elettorato attivo;
3. la conoscenza dei candidati era scarsa e nelle scelte ha prevalso (casualmente?) l'ordine alfabetico.
Spero sinceramente di sbagliarmi, mi auguro che tali deduzioni siano legate solo al tempo mio passato al seggio e, magari, interessino solo il seggio dell'Oltrefersina.
Ciò non toglie che sia indispensabile dedicare un po' di tempo ad analizzare bene, sulla base dei dati a disposizione, le situazioni e le dinamiche in atto (età media degli elettori, distribuzione territoriale, relazioni tra genere e partecipazione, ...). Il rischio, altrimenti, è quello di trarre conclusioni affrettate e pressapochistiche, continuando a illuderci che non ci siano problemi.
Senza nulla togliere alla legittimità formale degli esiti del voto, mi pongo questi interrogativi:
1. Elisa Filippi è stata votata dai giovani? Anche a volerle attribuire i voti dei più giovani, temo che scopriremmo un'età media un po' diversa da quella sperata;
2. se Laura Froner non ha ottenuto i voti attesi forse dobbiamo chiederci come funzionano i legami che i nostri rappresentanti in Parlamento mantengono con il territorio di cui sono espressione;
3. le primarie non comportano nessun rischio, indipendentemente da come vengono preparate e organizzate?
Ritengo che alle primarie non possiamo accontentarci degli elettori over 50 e di qualche giovane!
Il rinnovamento deve interssare in primis gli elettori. Il rinnovamento degli eletti deve risultare una conseguenza; altrimenti ci limiteremo a modificare solo il profilo anagrafico dei nostri rappresentanti senza reali processi di innovazione del pensiero e della proposta politica.
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