"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Le B61 sono ordigni americani ma conservati negli arsenali Nato europei. Tra cui l'Italia. Sul nostro territorio ci sono ancora bombe nucleari. E i cacciabombardieri F-35
di Luciano Scalettari
(22 aprile 2013) Undici miliardi di dollari per ammodernare 200 ordigni nucleari tattici (noti con la sigla B61) per trasformarli in "bombe atomiche intelligenti", cioè teleguidate. La rivelazione proviene dal quotidiano britannico Guardian. Non solo. L'ingente investimento del Pentagono servirebbe a rendere questi missili nucleari sganciabili dal caccia invisibile di ultima generazione F35.
E qui entra in ballo l'Italia, dato che il nostro Paese ha il piano - fortemente contestato nei mesi scorsi dalle associazioni pacifiste e della società civile - di acquistare 90 di questi cacciabombardieri di ultima generazione.
Il Guardian, paraltro, accusa Barak Obama di "voltafaccia" rispetto agli impegni presi nel 2010 di disarmo nucleare (accusa respinta dagli Stati Uniti perché - secondo l'amministrazione americana - rendere teleguidati i missili rappresenta soltanto, «un significativo cambiamento», per cui «non viola gli impegni del 2010»).
Cosa sono i "B61"? Si tratta di ordigni di vecchia generazione ancora conservati negli arsenali Nato europei, in Belgio, Olanda, Germania, Turchia, ma anche in Italia, che ne ospiterebbe una settantina, secondo le ultime stime: 50 in Friuli, nella base di Aviano, e 20 a Ghedi, vicino a Brescia.
Bombe atomiche di vecchia generazione, ma piuttosto potenti: quelle presenti in Europa sarebbero di 340 chilotoni (un chilotone corrisponde a mille tonnellate di tritolo), ossia oltre 30 volte l'ordigno di Hiroshima).
Le polemiche in Italia non si faranno attendere. La pressione della campagna "Taglia le ali alle armi" contro l'acquisto degli F-35 - promossa da Rete Italiana Disarmo, Sbilanciamoci e Tavola della Pace - aveva coinvolto 650 associazioni col sostegno di oltre 50 enti locali (tra Regioni, Province e Comuni). Era anche stata promossa una petizione che aveva raccolto più di 75 mila firme.
Ora, al "no" nei confronti di un velivolo da guerra tipicamente offensivo e al suo costo esorbitante - la stima è di una spesa per le povere casse del nostro Paese di 15-20 miliardi di euro, senza contare il costo di mantenimento degli aerei - si aggiunge il fatto che potrebbero essere usate per sganciare missili nucleari, cioè armi di distruzione di massa.
«L'Italia deve dire no a questa follia», dice Giulio Marcon, neo deputato di Sel, e già coordinatore di "Sbilanciamoci". «Dopo questa notizia ancora più forte è la convinzione della necessità di cancellare immediatamente la partecipazione del nostro Paese al programma di acquisizione e costruzione dei cacciabombardieri F-35. Si tratta di aerei che non servono per le missioni di pace e per difendere il Paese, ma solo per fare la guerra. E oltretutto per portare ordigni nucleari».
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