"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Nel nome di Neda

Neda

Il premio internazionale Alexander Langer 2009 è stato assegnato alla giornalista iraniana Narges Mohammadi. Oggi a Trento l'incontro con la stampa di Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace 2003 che nei giorni scorsi ha ritirato il riconoscimento per conto di Narges, privata del suo passaporto

Di seguito l'intervento del presidente del Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani, apparso sul quotidiano L'Adige

«Un despota può anche andarsene,
ma la dittatura non finisce di colpo con la sua partenza.
Condizione indispensabile alla dittatura è l'oscurantismo del popolo,
ed è per questo che i dittatori lo coltivano con tanta cura.
Ci vogliono generazioni e generazioni per modificare le cose,
per far entrare un po' di luce.
Prima che ciò avvenga,
succede spesso che quanti hanno rovesciato il dittatore
si comportino senza volerlo, loro malgrado, come suoi eredi,
perpetuando con il proprio atteggiamento e modo di pensare
 l'epoca che essi stessi hanno distrutto.
E' un processo talmente involontario e inconsapevole
che, a farglielo notare, avvampano di sacra indignazione».
Ryszard Kapuściński
"Shah-in-Shah" (Edizioni Feltrinelli)
Già altre volte le persone insignite del Premio Langer non hanno potuto ritirarlo personalmente perché impedite di farlo dai contesti illiberali nei quali vivono ed operano. Ma forse mai come in questo frangente l'assegnazione del prestigioso riconoscimento intitolato alla figura di Alexander Langer ha rappresentato un'intuizione tanto lungimirante. Nel maggio scorso, infatti, la Fondazione Langer ha deciso di assegnare il premio 2009 alla giornalista iraniana Narges Mohammadi, vicepresidente e portavoce del Centro dei difensori dei diritti umani, nonché presidente del comitato esecutivo del Consiglio Nazionale della Pace. Riconoscimento che Narges Mohammadi avrebbe dovuto ritirare  in questi giorni a Bolzano.

I tragici avvenimenti che hanno segnato e segnano il suo paese hanno impedito che questo avvenisse, anche  perché il regime di Ahamadinejad le ha tolto il passaporto e incarcerato il marito (scarcerato solo dopo quindici giorni).

Così a ritirare il Premio Langer è stata un'altra figura di straordinario valore, Shirin Ebadi, attivista iraniana dei diritti umani, Nobel per la Pace nel 2003, che ha condiviso nel corso degli anni con Narges una comune testimonianza.

Shirin Ebadi è stamane a Trento per un incontro con la stampa per raccontare dell'impegno di Narges Mohammadi e di quel che sta avvenendo nel suo paese.

Tenere forte l'attenzione su questo paese è infatti quel che ci chiedono le migliaia di persone che sono scese in piazza in forma nonviolenta nel denunciare i brogli del regime e per chiedere un cambiamento politico alla guida di quel paese già segnato lungo il ‘900 da una delle più spaventose dittature che la storia moderna abbia conosciuto.

Mi vengono alla memoria le pagine di "Shah-in-Shah" di Ryszard Kapuściński, mirabile reportage dall'Iran nei mesi successivi alla rivoluzione del 1979, quando descriveva la forza di un popolo che, nonostante l'appoggio internazionale di cui godeva il regime dello scià Reza Pahlavi, era riuscito a rialzarsi e a riprendere nelle sue mani il proprio destino. E di come nel liberarsi dalla dittatura potessero ritrovare cittadinanza quegli stessi meccanismi di potere dei quali ci si voleva liberare.

In questo saper guardare oltre gli avvenimenti, Kapuściński individuava nei villaggi "la chiave della modernità". Un messaggio di straordinaria attualità. Tant'è che nei giorni delle grandi manifestazioni di protesta dei giovani iraniani cercavo nelle cronache giornalistiche di sapere quel che accadeva non solo a Teheran ma anche nelle altre città e villaggi iraniani, in quell'Iran profondo dal quale viene ancora, come già in altre latitudini, il consenso alla conservazione.

 

"Ci vogliono generazioni..." scriveva il celebre giornalista scomparso due anni e mezzo fa. Quel che abbiamo visto dalle immagini dei telefonini è un nuovo Iran, migliaia di giovani che hanno voglia di uscire dall'isolamento e connettersi col mondo pur nel rispetto della propria identità. Era così Neda, la ragazza uccisa da un miliziano mentre manifestava insieme al padre nelle vie di Teheran, diventata il simbolo della rivolta dell'opposizione iraniana.

Penso così che il Premio Langer sia dedicato anche a lei.

 

Michele Nardelli

presidente del Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani

 

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