«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani». "Manifesto di Ventotene"

Alzare lo sguardo

Il fiume che non c\'è

di Federico Zappini

Ho visto in queste ore crescere l'indignazione attorno all'assurda idea di chiusura anticipata del Café de la Paix. Si sono attivate immediatamente raccolte di firme, appelli e tutti quegli strumenti che nell'era digitale permettono di dire la propria rispetto a quella che si ritiene essere un'ingiustizia. Ho letto con attenzione i molti commenti - più o meno articolati, più o meno arrabbiati, più o meno costruttivi - e mi sono chiesto in che direzione si muovessero. Non vuole essere una sintesi dei pensieri che emergono ma il tentativo di cercare una strada percorribile.

Ho percepito come predominanti due sentimenti in particolare. Disillusione - da un lato - nei confronti di una città descritta come triste, vecchia, silenziosa e morta. Dall'altra sfiducia nei confronti della politica che pone divieti, impone regolamenti e non tiene in considerazione le esigenze di una parte di città. Non è compito mio giudicare se questa visione così negativa della città di Trento sia totalmente aderente alla realtà, ma certo mi sembra necessario approfondire la questione. Rispetto alla complessità della gestione - spesso conflittuale e faticosa - dello spazio pubblico ho giá scritto diverse volte e non mi ripeteró.

Nel caso specifico del Café de la Paix, che rappresenta un unicum cittadino e non é rappresentabile come un bar "qualunque", ciò che va sottolineato a mio parere é che non ci si sta battendo esclusivamente per un orario di apertura più consono o per l'utilizzo del giardino e nemmeno per aprire una campagna - che sarebbe minoritaria e di parte - per la libera espressione della "Trento notturna". Credo che l'obiettivo debba essere piú ambizioso e lungimirante, capace di farsi carico della riqualificazione urbana e sociale dell'intero centro storico di Trento. Questo é stato l'effetto che almeno in parte ha sviluppato la presenza del Café in Passaggio Teatro Osele e la linea di continuità che va mantenuta anche in questo momento contingente di difficoltà.

Non credo che la contrapposizione a muso duro - legittima e in qualche maniera giustificata - all'amministrazione comunale intesa come vessatrice possa essere l'unica strada da percorrere. Serve, ed è una proposta che avanzo da tempo, offrire uno spazio di confronto che permetta a tutte le parti in causa di esprimersi. Un momento di dialogo - o più di uno - nel quale la politica torni centrale nella definizione delle prospettive di governo e sviluppo della città e la comunità tutta possa assumersi la responsabilità di essere compartecipe a questo disegno globale. Mi rendo conto che è uno sforzo per tutti, ma è necessario affinché ognuno degli attori in campo (Sindaco, abitanti della via, soci del Café) siano costretti ad alzare lo sguardo oltre le reciproche diffidenze e differenze identitarie. Solo cosí tutti si sentiranno chiamati in causa nella trasformazione del luogo che abitano e non solo nella rivendicazione di un proprio diritto percepito come superiore agli altri.

Sarebbe un esercizio utile non solo per questa situazione. Propongo di mettere cento sedie in circolo e di parlarne apertamente. Gli inviti li inoltra il Café de la Paix.

 

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