"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Ugo Morelli
(31 agosto 2013) Chi intende cambiare qualcosa è spinto, di solito, dalla propria convinzione. Lo è al punto che spesso non vede la differenza fra quella che può essere anche una buona intuizione e la creazione delle condizioni per realizzarla.
Chiunque debba impegnarsi in un cambiamento tende a commettere questo errore. Si rinchiude in un'identità, si allea con i "duecento intelligenti che hanno capito tutto e si oppongono agli alieni", e parte lancia in resta per cambiare il mondo. Così facendo di solito ha perso la partita. Il lavoro lento e difficile della costruzione del cambiamento, delle condizioni anche minime per realizzarlo, è quello che è richiesto dalla creazione di un nuovo modello di sviluppo nelle comunità locali. In particolare ciò vale per una
questione tra le più difficili e impegnative: il rapporto tra le forme dello sviluppo e il paesaggio, l'ambiente e il territorio.
Il lavoro in corso in questo campo sta dimostrando, in Trentino, che decisive sono: la cattura del consenso con l'ascolto e le strategie a basso rischio; bisogna capire le ragioni dell'obbedienza all'abitudine e scardinarle, affrontare la paura di cambiare e di
rimetterci qualcosa, cambiare la percezione collettiva. Importante è fare di un movimento per un nuovo modello di sviluppo qualcosa di cool, una nuova moda. È necessario cercare di vincere la battaglia per la conquista del senso comune e ridefinire l'orizzonte
dell'azione civica.
È importante contenere il sentimento di essere minoritari, strani e radicali: all'inizio tutti i movimenti lo sono. Si tratta di ingaggiare solo le battaglie che possono essere vinte e procedere per gradi. Una volta raggiunti risultati apparentemente minimi, è decisivo valorizzarli per alzare il tiro e passare a strategie dialogiche di cooperazione.
Al centro del processo c'è il necessario riconoscimento del fatto che un modello di sviluppo appropriato al nostro tempo deve rispondere prima di tutto a una condizione: che quello sviluppo non distrugga i fattori che lo rendono e lo renderanno ancora possibile in futuro.
Se siamo il distretto della conoscenza; se abbiamo nel circuito natura-ambiente-paesaggio-qualità della vita il patrimonio principale per i residenti e per coloro che preferiscono sempre più realtà con queste caratteristiche per le proprie vacanze; se
l'integrazione tra agroalimentare, artigianato e industria leggera ed evoluta mostra di essere competitiva; allora si lavori per allargare il dialogo con i resistenti, con gli incerti, perfino con i diffidenti, in modo da disegnare il Trentino di oggi e domani sul paradigma del paesaggio, dell'ambiente e del territorio, le cui iniziali, tra l'altro, formano la parola "pat" che nella nostra realtà dovrebbe essere amata.
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