"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Michele Nardelli
(22 aprile 2014) Guardo i sondaggi che si susseguono come una sorta di polso quotidiano del paese. Hanno da tempo sostituito l'analisi dei processi economici, sociali e culturali, l'indagine sulla condizione delle classi sociali o del lavoro, dei processi di mobilità sociale così come dei rapporti fra le classi sociali. E di come tutto questo interagisca tanto con i territori nella loro diversità storica, culturale, geografica... quanto con i processi dell'interdipendenza nelle molteplici dimensioni europea, mediterranea, globale. I sondaggi spaziano sulle percezioni, gli umori, il sentire non solo nei confronti dei partiti e delle istituzioni... ti dicono quello che pensi, come consumi, come guardi al futuro.
D'altro canto, chi s'interroga più sul futuro? Chi si azzarda ad esprimere una visione del mondo? Quali pensieri si propongono come sistema di valori? Chi s'interroga sulle dinamiche dei poteri? Si sta nella propria solitudine e l'ambito spazio-temporale del nostro vivere sociale è un "qui ed ora" che misuriamo sulla quantità dei nostri consumi. Solo le religioni, vecchie e nuove, riescono ancora a comunicare con la condizione umana e il suo bisogno di spiritualità.
Gli stessi sondaggi ci dicono che il gradimento verso le istituzioni politiche e sociali è ai minimi storici e che semmai la fiducia viene riposta nel personaggio più o meno carismatico di turno, così che i corpi intermedi non servono più a nulla se non alla difesa corporativa di interessi particolari. La forma partito, intesa come "intellettuale collettivo", diviene un inutile ingombro frapposto fra il leader e l'indistinto elettorato. Quello che serve è comprendere gli umori della "gente"e corrispondervi in maniera efficace. Per questo non serve il radicamento sociale, è sufficiente un'agenzia di rilevazione dell'opinione corrente e di comunicazione... la presenza sul territorio è utile semmai come terminale di macchine elettorali basate sulla ricerca del consenso.
Renzi, Grillo, Berlusconi... questo dicono i sondaggi, cui si aggiungono 4 italiani su 10 che nemmeno intendono esercitare il diritto di voto. Non è mia intenzione mettere sullo stesso piano cose diverse fra loro, ma possiamo misurare così la devastazione sociale, culturale e politica avvenuta in questo paese attraverso anni di cultura plebiscitaria.
Sarebbe ingiusto addebitare al segretario del PD e attuale primo ministro responsabilità non sue e questo vale anche per il padre-padrone del M5S o per l'immarcescibile signore di Arcore che pure un ruolo importante in questo senso l'ha giocato. Quello a cui stiamo assistendo è qualcosa di più profondo ed esteso, che investe la condizione umana del nostro tempo e il suo smarrimento, quel "dove stiamo andando?" al quale non sapremo rispondere senza aver fatto i conti con il secolo che ci siamo da qualche anno lasciati alle spalle, con quel tempo di cui non abbiamo elaborato né la sovrumana promessa, né la demenza.
Il futuro ci riserva scenari inquietanti, una crisi economica dovuta al peso ormai incontrollabile della finanza, una crisi demografica che ci porterà ad essere in 9 miliardi di esseri umani nell'ormai prossimo 2030, una crisi ecologica che già ci vede consumare ogni anno il 40% in più delle risorse che gli ecosistemi terrestri riescono a produrre. A tutto questo corrisponde una crisi politica che meglio potremmo definire di pensiero, nell'incapacità di ridisegnare - proprio a partire dall'esito del Novecento - un progetto sociale capace di fare i conti con le nuove consapevolezze che da tale elaborazione avremmo dovuto acquisire come il senso del limite, la critica del potere, il superamento degli stati nazionali (la scommessa europea, tanto per cominciare), la capacità di fare i conti con "il tragico amore per la guerra"...
Se non sapremo imparare dalla storia, se non sapremo ridare senso alla politica, l'esito più probabile sarà la guerra di tutti contro tutti. Anzi, per certi versi, è già così.
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