"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Pensieri europei 5
Autonomia e federalismo, l'Europa di Silvio Trentin
Europa degli stati o Europa delle regioni? Nell'immaginare l'Europa politica, gli esponenti di "Giustizia e Libertà" pensavano ad un progetto sovranazionale verso il quale vi fosse una progressiva cessione di sovranità da parte degli stati nazionali e, nel contempo, di una devoluzione di poteri verso le autonomie locali, un sistema insieme istituzionale e sociale fondato su una diffusa assunzione di responsabilità.
Il federalismo corrispondeva ad un cambio di paradigma culturale e politico che si proponeva non solo il superamento dello stato nazionale ma anche una diversa organizzazione dei poteri. Era quello che scriveva dal suo esilio in Francia Silvio Trentin in “Federare e liberare”, quando indicava il federalismo come “l'ordine delle autonomie”. Parlava della capacità di autogoverno delle «collettività territoriali in cui la popolazione si trova storicamente ripartita … all'interno delle quali è stata forgiata nel corso dei secoli una coscienza unitaria». «L'autonomia – scriveva Silvio Trentin – deve essere istituita alla base di ogni attività, all'origine di ogni facoltà e di ogni potere. Sarà in diritto, come essa è di fatto, il fermento vivificatore che solo saprà rendere operanti gli interessi sia degli individui, sia dei gruppi».
Il fermento intellettuale di allora – parliamo degli anni che precedettero la seconda guerra mondiale e la fine del nazifascismo – mantiene oggi intatta la sua attualità, semmai ingigantito dai fenomeni come la globalizzazione e l'interdipendenza che hanno demolito il concetto di sovranità degli stati. S'imponeva, e s'impone oggi in forme ancora più radicali, uno scarto di pensiero, quella capacità di creazione politica che veniva immaginata per l'Europa del dopoguerra nel binomio “autonomia e federalismo”.
Non andò allora nella direzione che i federalisti europei avevano immaginato e pure oggi il vento soffia in direzione contraria. Nonostante il percorso di allargamento dell'Unione abbia coinvolto ventotto paesi, nonostante l'abbattimento delle frontiere interne, malgrado le politiche europee di coesione e la moneta unica in diciotto stati ... il clima culturale verso l'Europa è cambiato, l'utopia si è poco a poco trasformata in disincanto e poi in aperta ostilità.
E' mancato un racconto europeo ed è cresciuta invece la paura, come se l'Europa fosse la causa dei problemi anziché la strada per affrontarli. E con essa il desiderio di chiudersi nel proprio ambito statuale. Le autonomie territoriali sono diventate piccole patrie, quelle sociali non hanno saputo guardare oltre la propria condizione acquisita. Una debolezza politica che ha segnato l'Unione Europea anche nelle crisi che l'hanno attraversata, incapace di una progettualità condivisa nella crisi balcanica degli anni '90, nel sostenere il processo di rinascita del Mediterraneo e nella crisi libica, nel delicato scacchiere del suo confine orientale.
In assenza di coraggio nelle scelte, di libertà dai poteri forti, di fantasia politica nella costruzione di un sentire europeo, non si può dire che l'Europa sia oggi nel cuore degli europei e domenica, temo, ne avremo una conferma. Eppure il bisogno di Europa è sempre più ineludibile ed è per questo che vorrei che le parole che Silvio Trentin aveva immaginato alla base della nascita degli Stati Uniti d'Europa, “autonomia e federalismo”, diventassero la chiave per la rinascita del progetto europeo.
1Silvio Trentin, Federalismo e libertà. Scritti teorici 1935 – 1943. Prefazione di Norberto Bobbio. Marsilio editori
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