"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
(9 giugno 2014) Non ho la sfera di cristallo, ma nei giorni scorsi a chi mi chiedeva un'opinione su quale avrebbe potuto essere l'esito del ballottaggio rispondevo mettendoli in guardia dalle sorprese. “Il voto al PD nelle elezioni europee (che si era trascinato quello delle amministrative) – dicevo – con la stessa velocità con cui è arrivato se ne andrà”.
Il voto nei paesi dell'Unione Europea, capace di premiare chi pur esprimendo un orientamento anche radicalmente diverso fosse riuscito ad interpretare la paura verso il futuro, ha accomunato Le Pen e Tsipras, Merkel e Renzi. Un voto post ideologico, molto volatile, vorrei dire cinico nella sua versatilità.
Sono passati solo quindici giorni e l'esito dei ballottaggi ce ne ha dato una netta conferma, tanto nella scarsa affluenza alle urne, quanto nel rovesciamento del voto in città come Livorno, Perugia o Potenza che fino a due settimane fa attestavano il PD al doppio dei voti rispetto a chi avrebbe conteso il risultato finale nel ballottaggio e che sono andate al centrodestra. O per altro verso a Pavia dove il centrodestra era sicuro di vincere e invece il ballottaggio ha rovesciato l'esito della prima tornata.
Qualcuno si è subito aggrappato all'inchiesta sul Mose per giustificare in qualche modo questa repentina inversione di tendenza, ma non credo...
Scrivo questa nota solo per dire che chi si è illuso che il voto a Matteo Renzi apra una fase favorevole al centrosinistra si sbaglia di grosso, che le contraddizioni sono tutte lì, come ferite aperte che ancora non trovano cura. E che la terapia non può essere affidata ad un marketing elettorale fatto di immagine, giovani rampanti e rottamazione.
Che per uscire dallo spaesamento e dalla paura occorre un cambio profondo, fatto di nuovi sguardi sul presente e del coraggio di dire la verità, non quel che la gente vuol sentirsi dire. E cioè che il mondo vive al di sopra delle proprie possibilità e che se non vogliamo che la guerra sia lo sfondo per le generazioni a venire è necessario non aumentare i consumi ma ridurli in maniera intelligente. La strada della sobrietà, non quella insostenibile della crescita infinita.
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