"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Ritorno al futuro…

Via Suffragio, Trento

 

(25 settembre 2014) Si è concluso sabato scorso “Tutta mia la città”, un piccolo Festival pensato per riattivare la comunità di Via del Suffragio e per offrire un momento di discussione a proposito della gestione dello spazio urbano. ...

L’ultimo appuntamento in programma era la proiezione di “2020. Viaggio nella città in trasformazione” – documentario prodotto da Filmwork nel 2007 – e a seguire un confronto che coinvolgeva il Sindaco di Trento, Alessandro Andreatta. Sono proprio le sue parole ad avermi colpito particolarmente. Non tanto quelle – magari un po’ retoriche e di maniera – spese per argomentare le scelte urbanistiche di ieri e di oggi, quanto quelle usate per descrivere il clima di curiosità e passione che si respirava (non più di 10/15 anni fa…) attorno alle ambiziose sfide che la città si apprestava ad affrontare. In quel periodo non vivevo a Trento, o vi ero appena arrivato, ma non ho motivo di dubitare che fossero in molti a guardare con interesse alla trasformazione in atto, che il documentario ben descrive. Gli addetti ai lavori (Busquets, Botta, Piano) ma anche e soprattutto i cittadini che, così ci ha raccontato il Sindaco, “ne parlavano anche dal fruttivendolo o al bar”. Certo furono anche gli anni della triste (e provincialissima) vicenda Auto In, ma è innegabile che l’idea di un contesto urbano in forte espansione – sotto la guida di alcune delle firme più prestigiose dell’architettura mondiale – potesse appassionare, animando le legittime speranze di molti.

Dal blog di Federico Zappini http://pontidivista.wordpress.com/

Oggi quei giorni sembrano davvero distanti. Di quel disegno generale rimangono poche – e spesso contraddittorie – tracce. Lo scenario dentro il quale ci muoviamo è mutato radicalmente. Mentre si acquista l’insalata si impreca contro i vitalizi, davanti ad un caffè si denuncia il degrado del proprio quartiere, nella migliore delle ipotesi per strada si prendono le difese di Daniza o – nella peggiore – si insultano i troppi immigrati. Sembra essere venuto meno lo spazio comune di pensiero attorno alle prospettive, non solo urbanistiche, della città. A speranza e curiosità si sono sostituite delusione e un certo rancore diffuso. La città è ferma, come se il venir meno di alcune opere strategiche (l’interramento della Ferrovia in primis) e la sofferenza in cui versano altre (quartiere delle Albere, nuova biblioteca universitaria, ecc.) ne avessero congelato il processo di cambiamento, lasciandola in una sorta di limbo.

Va tenuto presente che intanto non sono certo venute meno le sfide che i centri urbani da sempre propongono, amplificate anzi da una stringente necessità di scelte di lungo periodo, collegate all’evoluzione di quelle che – sbrigativamente – chiamiamo smart cities. Non si tratta esclusivamente di fare i conti con le nuove tecnologie applicate alla gestione della città, ma di un approccio a tutto tondo quanto mai urgente da far proprio, che fa riferimento a quella sharing economy che molto più banalmente potremmo definire pratica della condivisione, o riscoperta della comunità.

Forse potrà apparire meno avvincente la fase che stiamo vivendo – fatta più di rinunce che di apertura alla spesa, meno di grandi progetti e più di riqualificazione dell’esistente – ma meriterebbe un’attenzione e un approfondimento che ancora è ristretto a fasce piuttosto marginali della cittadinanza. Fare di più con meno è il titolo di un bel libro di Stefano Boeri, ma è soprattutto l’obiettivo che dobbiamo porci per un’azione coordinata che veda come protagonisti pubblico e privato, amministratori e singoli cittadini, associazioni e professionisti. E’ il tema della sussidiarietà – nella sua forma più avanzata e orizzontale – ma più in generale di una ritrovata responsabilità a più livelli nella gestione dello spazio urbano, una propensione al fare con gli altri che è necessità e opportunità, allo stesso tempo.

Abbiamo bisogno di ritrovare il piacere di parlarne per strada – tutti i giorni -, di confrontare le diverse visioni esistenti, di elaborare ipotesi e cercare soluzioni. Provando a ricomporre metriche spaziali e sociali ormai logore, sfilacciate come molti rapporti all’interno della nostra comunità. Dobbiamo ripensare la città e il modo di viverla, insieme.

 

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