"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Sei idee a costo zero per cambiare il paese

Salone del gusto 2014

Dal 23 al 27 ottobre si è svolta a Torino una nuova edizione del Salone internazionale del Gusto - Terra Madre. Quello che segue è l'intervento di Carlo Petrini.

di Carlo Petrini

(6 novembre 2014) In tanti anni abbiamo visto cambiare il focus del mondo sull’alimentare italiano che prima era su Cibus, che mostrava la potenza di un’industria alimentare prepotente. Ma che è cambiata, anche grazie a noi, e ora le nostre industrie del cibo possono andare nel mondo senza paura di fare brutte figure sul fronte etico, ne hanno guadagnano di prestigio. Con Slow Food, Salone e Terra Madre è cambiato tutto: basta pensare allo spazio del cibo in tv, al fatto che non c’è Comune che non sia orgoglioso di una cipolla, di un peperoncino, di un prodotto che è simbolo di identità, diventa mito. E non si costruisce nessuna forza senza il mito; e il mito, a volte, è anche un prodotto semplice in cui comunità intere vedono il lavoro dei loro padri, il valore di un territorio, e creano il mito che dà forza all’economia. Ha fatto bene il Salone del Gusto a trasformarsi, dal 1996, in modo internazionale: senza essere sciovinisti, accogliendo e mostrando tutte le comunità del cibo del pianeta abbiamo portato il mondo a Torino.

E io vorrei che Expo 2015 a Milano fosse un po’ anche questo: se “se la canta e se la suona” sulla potenza dell’Italia, non va bene. Serve più umiltà: l’Italia accolga il mondo, e non per i suoi prodotti, ma per i suoi contenuti, perché o questa Expo, nei pochi mesi che mancano, si costruisce una vera anima che ancora non ha, o altrimenti avremmo sì i capannoni a posto, ma non riusciremo a passare alla storia.

Io sono italiano, voglio che il mio Paese faccia bella figura, ma non perché si dica che siamo bravi nell’accoglienza: voglio che mio Paese abbia la lungimiranza di pensare a quello che è un Expo, ovvero una riflessione politica, in questo caso, sui temi della biodiversità, dello scambio tra popoli, della fame, della dignità da restituire al mondo contadino, dei problemi dei cittadini che soffrono per malnutrizione e ipernutrizione, per un mondo che spreca cibo come non mai. Se Expo2015 sarà l’agorà dove si discute di tutto questo, bene. Altrimenti sarà solo una bella fiera, e poi tutti a casa”.

Due cose distinguono questo momento storico. La prima la vediamo qui a Terra Madre, con i nuovi contadini italiani. Molti dei quali non sono italiani, perché quando si parla di made in Italy, dobbiamo pensare che senza 10.000 macedoni competenti, integrati e rispettati nelle Langhe, non avremmo il Barolo. Ormai fanno parte di questa nostra Italia, come le migliaia di famiglie indiane che mungono le vacche per produrre il Parmigiano Reggiano, cosa che gli italiani non fanno, o come i magrebini e i polacchi che stanno nelle malghe in Val d’Aosta a produrre la Fontina.

E poi la scommessa dei giovani di tornare alla terra: mentre il nostro Governo è in ambasce, senza risorse, vorrei che fosse cosciente che operare per questo obiettivo è una delle cose che costa meno in assoluto, anzi pochissimo, e quindi voglio consegnare al Ministro Martina, affinché, le porti anche al nostro Premier Renzi, “sei idee a costo zero”, che realizzate faranno il cambiamento, faranno tornare i giovani alla terra. Che poi è una battaglia già vinta: basta pensare alle nostre origini. Nel 1950, il 50% degli italiani erano agricoltori. Tutti in famiglia ne abbiamo avuto almeno uno, veniamo tutti da lì. Oggi gli agricoltori sono meno del 3%, e di questi più della metà ha più di 60 anni. Ma noi non mangeremo computer e informazione, ma carote, patate, melanzane ... É sicuro che i giovani torneranno alla terra, ma il Governo deve aiutarli.

Ed ecco le sei idee:

1. Fate la legge per difendere il suolo agricolo, fermiamo la cementificazione, si concepisca un’altra idea di sviluppo. Senza suolo agricolo pagheremo, e stiamo già pagando, il dazio di un dissesto idrogeologico pazzesco, perché senza contadini che puliscono fossi, rivi, boschi, non c’è grande opera che tenga.

2. Banche, aprite linee di credito “slow money”, agevolate nei tempi e nei tassi, per i giovani contadini. State certi, non perderete un centesimo, i contadini hanno un’etica, vi ridaranno tutto. Non fate speculazioni, ma prestate denaro perché possano costruire aziende che danno reddito, nel tempo che ci vuole, il tempo dell’agricoltura: anche i banchieri devono imparare che chi fa una nuova vigna per 3 anni non fa vendemmia.

3. Rafforzate le tecnologie, perché i contadini di oggi non sono quelli di un tempo. Oggi i giovani contadini voglio fare il bio, sono attivi, usano le tecnologie, comunicano, questa è nuova generazione, che deve avere banda larga, opportunità per comunicare, e per uscire dalla soggezione di essere di gente che non conta. Diamogli gli strumenti per accorciare la filiera.

4. Puntiamo sulla formazione, si aprano le Università: basta con atenei che non capiscano quanto è importante formare un fornaio, un panettiere, un salumiere, un affinatore di formaggi competenti e acculturati. Che poi guadagnano anche bene, e con sapienza produrranno anche prodotti più sani, magari un poco più costosi. Ma quello che spenderemo di più per mangiare meglio, poi lo risparmieremo in farmacia.

5. La macchina dello Stato è “slow”, ma troppo: meno burocrazia, meno burocrazia, meno burocrazia. I nostri contadini, i viticoltori, i panettieri, passano più tempo sulle carte che a lavorare. Siamo fuori di testa? È una riforma che costa niente, ma dà un valore aggiunto alla produzione incredibile, più tempo per la creatività, per raccontare come lavora un artigiano.

6. Puntiamo sul buon gusto italiano e sul piccolo artigianato, sulla distintività dei nostri borghi e territori, che già ci premia.

Contadini e artigiani sanno come si fa tutto questo. Basta ascoltarli.

 

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