"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Riprendere il processo politico innovativo che ha fatto diverso il Trentino

Rovereto

Il confronto attorno al tema dell'anomalia trentina e di una nuova sperimentazione politica sembra riaprirsi e l'intervento di Fabiano Lorandi pubblicato da L'Adige di ieri va in questa direzione.

di Fabiano Lorandi

(5 febbraio 2015) La sfida che Dellai ha proposto nell'incontro di Sanbapolis, rilanciata dal parlamentino Upt, di sperimentare nuove forme di partito, perché la politica non può vivere di conservazione, non riguarda evidentemente solo la sua forza politica e non può essere accolta dal Pd in termini difensivi. Il processo che ha portato alla fondazione del Pd nel 2007 ha avuto origine dal desiderio di dar vita a un soggetto politico plurale che mettesse insieme diverse anime. Quelle della sinistra riformista, del popolarismo cattolico e dei cristiano sociali, dell'ambientalismo e del pacifismo, di quanti hanno sempre pensato alla politica come lavoro e servizio per il conseguimento del bene della comunità. In Trentino la cifra di tale processo aveva come valore aggiunto quella dell'autonomia, non solo istituzionale ma dei territori che esprimono bisogni, necessità, urgenze ma anche energie, creatività, capitale sociale e culturale.

Inutile nascondersi che le finalità di quel processo sono state conseguite solo in parte. Nonostante ciò la coalizione di centrosinistra, nei suoi anni di governo, ha rappresentato un assetto che ha garantito al Trentino riforme, stabilità, attenzione ai diritti e al lavoro, equità. Tale alleanza non è nata esclusivamente da opportunità tattiche ma ha assunto, per la grande maggioranza dei cittadini trentini, una valenza a carattere strategico come dimostrano i risultati delle ultime elezioni provinciali. Ora siamo in una fase di stallo, peraltro incomprensibile per la maggioranza dei trentini.

La coalizione non ha dato, non sta dando una buona immagine di sé per quanto riguarda la riconferma dell'alleanza nei territori ed anche per la condivisione di alcune scelte dell'esecutivo provinciale. Sembra si sia persa la convinzione che esistono valori generali che trascendono gli interessi di una parte e che in politica, come in tutti gli ambiti dell'esperienza dell'uomo, la somma delle parti dovrebbe costituire un valore aggiunto alla semplice somma algebrica. Ce ne siamo dimenticati anche a Rovereto e non mi sottraggo certo alla mia parte di responsabilità.

È necessario riprenderlo quel processo, riorientare l'azione politica a livello valoriale, normativo, organizzativo, programmatorio, di investimenti, di valorizzazione dei territori, delle comunità in riferimento ai livelli istituzionali e alla partecipazione dei cittadini. Ciascun soggetto politico dovrebbe provare a ridefinirsi al proprio interno alla ricerca di contenuti, modalità, forme, tempi di una sintesi in grado di reinterpretare il riformismo e il popolarismo del Trentino, che sono stati in grado di dar vita ad un'autonomia inclusiva e solidale. Non so se ciò possa avvenire già in vista della scadenza delle elezioni di maggio.

In ogni caso quella che stiamo vivendo è una fase storica particolarmente difficile e complicata che necessita di energie in grado di interpretare il cambiamento. Il futuro non s'improvvisa e il rinnovamento deve essere costante, ma graduale. C'è bisogno delle energie e delle competenze di tutti, ogni cittadino deve sentirsi responsabile dei destini della comunità.

Accanto alle attenzioni rivolte principalmente al mondo delle istituzioni, trovino posto nella definizione di impegno pubblico anche altre forme di azione, non strettamente politiche, volte a favorire il benessere della comunità, incrementandone il capitale sociale. L'associazionismo, che nella nostra terra costituisce un patrimonio diffuso, può e deve essere coinvolto dalle forze politiche non come semplice bacino elettorale, come luogo nel quale recuperare consensi, ma attraverso una chiamata alla corresponsabilità.

Ciò significherebbe occuparsi non solo dei mezzi per raggiungere un certo scopo - quindi preoccuparsi di quali sono i vantaggi, l'utilità che le persone, singolarmente o collettivamente intese, ne traggono - ma recuperare senso ai valori, ai principi, alle idee sulle quali si orientano le esistenze delle persone e della comunità.

Il Partito Democratico del Trentino faccia lo sforzo di accoglierla tale sfida. È possibile mantenere e consolidare i nostri riferimenti nazionali ed europei con una proposta da contestualizzare nella nostra terra. Certo, anche noi, come le altre forze politiche ci siamo appiattiti sulle istituzioni, caratterizzandoci spesso come macchine elettorali. Riprendiamo la nostra tensione ideale. Recuperiamo le funzioni classiche della politica come quella della promozione e valorizzazione di una cittadinanza attiva e responsabile.

 

1 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da stefano fait il 08 febbraio 2015 10:58
    Stavo leggendo oggi il solito, lucido intervento di Hans Heiss sul Trentino e ho pensato alla sua crisi di vocazione di qualche tempo fa.
    Qual è il problema del politico coscienzioso? Le enormi aspettative da parte di un elettorato che è subito pronto a voltarti le spalle se non esegui i suoi ordini contraddittori.
    Non si può costruire una democrazia diretta compiuta finché la popolazione delega, se ne lava le mani e poi ti incolpa di non aver risolto tutti i problemi e ti assimila alla casta.
    No, cari elettori, si partecipa, si capisce che la politica è una faccenda dannatamente complicata e che il proprio volere e le proprie preferenze non sono sacre perché nessuno ha la verità/soluzione in tasca e poi, solo allora, si è nella posizione di chiedere la testa del politico.
    Altrimenti è davvero troppo facile e infantile.
    Ma come consentire alla gente di informarsi quando fa fatica a vivere dignitosamente e trovare il tempo di approfondire le questioni?
    L'unica è sfruttare la CRISI per introdurre misure come il reddito di cittadinanza (o altre formule più universali) che mandino un chiaro messaggio: non devi più conquistarti il diritto di vivere, la tua dignità di essere umano è garantita, ma adesso devi darti da fare per la comunità, non hai più alibi di sorta.
    Diversamente pretendere un impegno civico stabile e continuativo è velleitario.
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