"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Michele Nardelli
Dopo quarant'anni di tentativi doveva arrivare questa amministrazione provinciale per dare il benestare al completamento della Valdastico? L'annuncio del sindaco di Verona e presidente della Serenissima Flavio Tosi che trionfante annuncia che finalmente è venuta meno l'opposizione ideologica alla Pi.Ru.Bi. da parte del Trentino, è il segno più chiaro dell'omologazione di questa terra ad un modello che fin qui eravamo riusciti a contrastare in ogni modo. A meno di smentite... ma a quanto pare l'accordo non è frutto dell'immaginazione di qualcuno.
Perché in gioco non sono “soltanto” quarantaquattro chilometri di autostrada sul nostro territorio, è in discussione un'idea di Trentino che quel “no” rappresentava, dove il concetto di sostenibilità aveva a che fare con un progetto di mobilità alternativa alla strada, un Trentino che sceglieva la ferrovia anche per il suo collegamento interno, un Trentino che proponeva un modello di sviluppo (e di autonomia) diverso ed alternativo a quello veneto, un Trentino che si sapeva anche far carico della sua collocazione europea lungo un'asse di comunicazione nord/sud ma scegliendo il trasporto su rotaia per decongestionare un'autostrada diventata in questi anni un fiume di camion senza soluzione di continuità.
Vent'anni di anomalia politica vengono cancellati con una rapidità sorprendente. Che ciò avvenga non con un cambio politico espressione del voto popolare, ma con la stessa coalizione che in maniera ferma si era sin qui opposta al completamento della Valdastico, contraddicendo lo stesso programma del centrosinistra autonomista, richiederebbe l'apertura di una crisi politica.
Il governo a guida Patt ha inanellato in questi mesi una serie di atti che sono inequivocabili: la cancellazione della riforma istituzionale del 2006 che aveva immaginato un diversa distribuzione dei poteri incardinata sulle Comunità di Valle; il conseguente dietro-front sulla riorganizzazione dell'apparato provinciale (e suo snellimento); la messa in discussione della pianificazione strategica territoriale che aveva messo in moto un meccanismo virtuoso di reti locali per valorizzare l'unicità dei territori; la cancellazione degli indirizzi che immaginavano Trentino Sviluppo come soggetto di un nuovo modello di sviluppo incentrato proprio sulla valorizzazione delle vocazioni dei territori previsto nella Legge Finanziaria 2012; la non applicazione prima e la sterilizzazione poi della legge 13/2009 sull'educazione alimentare e la promozione dei prodotti a basso impatto ambientale e la banalizzazione delle produzioni trentine, anche in questo caso contraddicendo gli indirizzi legislativi sulla qualità e salubrità dei prodotti locali nel settore agroalimentare (perdendo l'occasione di Expo 2015); i tagli sulla ricerca e sulla cultura in un clima di trentinizzazione delle istituzioni culturali; il cambio di indirizzo sulla banda larga che avrebbe fatto del Trentino la regione più cablata del paese e che invece la omologa al resto del paese; la progressiva demolizione del progetto di autonomia scolastica così com'era stato immaginato dalla riforma Salvaterra; l'incapacità di pensare il Trentino come parte della riconfigurazione dell'Europa delle Regioni e via dicendo.
Questo della Pi.Ru.Bi. sarebbe (uso il condizionale ancora sperando che ci si ripensi) l'atto politico anche simbolicamente più grave e non si capisce cosa stiano aspettando i consiglieri del PD del Trentino (si fa per dire, visto l'imminente commissariamento) ma anche dell'UpT a chiedere una verifica politica. Il problema è che, purtroppo, la crisi di questi soggetti politici (e l'inconsistenza della coalizione, ma questa non è una novità) è ormai evidente tanto nella loro classe dirigente, quanto nelle scelte strategiche di cui hanno smarrito il valore.
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