"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Alberto Sommadossi *
(4 luglio 2015) Le aperture della Provincia autonoma di Trento nei confronti della Regione Veneto, in tema di autostrada della Valdastico, oltre che un grave danno all’economia e alla salute della popolazione, rischiano di provocare una breccia mortale nei confronti del sistema autonomistico trentino.
In gioco non è solo la realizzazione o meno di un tratto di galleria – peraltro dai costi insostenibili visto siamo in tempi di grave crisi – ma il futuro dell’intero “sistema autonomistico trentino”.
L’opzione che si prospetta è quella fra due modelli incompatibili: quello dello sviluppo legato al trasporto su gomma, ormai abbandonato da anni in tutta Europa, e quello dello sviluppo del trasporto su rotaia che rappresenta una priorità per il delicato ecosistema alpino.
Costruire una nuova autostrada nel cuore delle Alpi, infatti, significa condizionare pesantemente il futuro viabilistico dell’intera regione, creando le condizioni per trasformare il Trentino nell’ottava provincia del Veneto, piegandolo alle logiche delle lobby economiche e industriali della pianura Padana. Un processo che peraltro va in direzione opposta a quello che si sta facendo in provincia di Bolzano, in Tirolo e nella vicina Svizzera, dove i temi della mobilità e della difesa dell’ambiente rappresentano il tratto distintivo della politica.
Il Trentino, in questo contesto, rischia di restare solo e isolato, diventando ricettacolo di inquinamento e di traffico importato dal Veneto. E questo risulta tanto più grave se si considera che una alternativa al traffico su gomma esiste da sempre ed è la ferrovia della Valsugana che, opportunamente adeguata ai tempi e con una spesa nettamente inferiore alla costruzione della Valdastico, potrebbe essere utilizzata come via di collegamento tra i porti dell’Adriatico e gli snodi ferroviari austriaci e germanici.
Perché fino ad oggi non si è mai pensato di sfruttare questa ferrovia per il trasporto merci? Si ricorda che nella vicina Svizzera, secondo i dati dell’ufficio federale del trasporto, facilmente reperibili in Internet, il traffico commerciale transalpino su rotaia rappresenta oggi il 67,5 per cento del totale, mentre il trasporto su gomma – grazie ad opportune politiche di pedaggio – è crollato a poco più del trenta per cento.
Che senso ha investire nella ferrovia del Brennero oltre 14 miliardi di euro se poi si realizza una autostrada che di fatto vanifica lo sforzo di trasferire il traffico dalla gomma alla rotaia?
Quanto all’ipotesi di un baratto tra la regione Veneto e la Provincia autonoma di Trento, secondo cui il rinnovo della concessione alla A 22 verrebbe dato solo in cambio di un assenso trentino alla realizzazione della Valdastico, vi sono molti elementi inquietanti e ingiustificabili. Se questa disgraziata ipotesi si avverasse, essa rappresenterebbe la capitolazione dell’ intero impianto autonomistico rispetto a logiche meramente economiche e spartitorie e probabilmente rappresenterebbe la fine di un’epoca per la nostra Autonomia. La Provincia di Trento ha tutti gli elementi giuridici e politici per respingere questo ricatto, come del resto ha dimostrato negli ultimi trenta anni vincendo le innumerevoli battaglie dei ricorsi giudiziari.
Il tutto senza considerare i già noti effetti negativi (che qui si omettono per ragioni di spazio) che questa autostrada produrrebbe sul territorio e sulla popolazione sia dal punto di vista ambientale che del benessere e la salute degli abitanti.
La speranza è che nonostante i tempi appaiano molto stretti ci sia spazio per un ripensamento e una riflessione collettiva all’interno della comunità trentina.
* Presidente del Circolo Gaismayr di Trento
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