Questa è la traccia dell'intervento di Federico Zappini alla presentazione del progetto FuturaTrento (dal blog di Federico https://pontidivista.wordpress.com/)
(1 luglio 2015) C’era un volta… Le favole iniziano sempre così. E’ una consuetudine comunemente rispettata. In questo caso specifico non ci riferiamo ad una favola in senso stretto, anche se – a voler essere ottimisti – si potrebbe pensare di renderla tale, almeno pro futuro. Partiamo dall’origine allora…
Il progetto FuturaTrento nasce da un fortunato incastro di circostanze.
La più generale è collegata strettamente ad una mutazione di contesto che sta segnando il mondo intero, e di conseguenza anche l’Italia. Tutto ciò che raggruppiamo sotto i termine smart city e sharing economy è oggi il paradigma culturale, sociale e economico più efficace e anche, non dobbiamo nascondercelo, più accattivante e di moda per poter immaginare un cambiamento in termini migliorativi delle città che abitiamo, dei nostri stili di vita e addirittura dell’infrastruttura democratica nel suo complesso. L’emersione e l’espansione di un approccio diverso al vivere urbano ha convinto Anci a dedicare un bando (Meet Young Cities) per l’attivazione di buone pratiche sui territori. Il Comune di Trento ha saputo interpretare al meglio le richieste in esso contentute accedendo quindi al finanziamento del proprio progetto intitolato “I giovani si prendono cura degli spazi urbani. Il bello ci salverà.”.
Restringendo il campo anche quella che quotidianamente sentiamo chiamare spending review ha avuto un impatto non secondario nello stimolare uno sguardo nuovo (sia da parte delle istituzioni che dei cittadini) nei confronti della gestione dei beni comuni, siano essi pubblici o privati, materiali o immateriali, in stato di abbandono o di recente costruzione. Sarebbe strano Trento fosse rimasta estranea a questa necessità di migliore la gestione delle risorse a disposizione della macchina pubblica. Si è tornati a parlare quindi di sussidiarietà, ponendo la necessaria attenzione in alle possibili distorsioni (la delega del politico alla responsabilità del cittadino in primis…) che essa potrebbe generare in un periodo di bilanci costantemente rivisti al ribasso e confini dell’intervento pubblico sempre più circoscritti e mal presidiati.
Restiamo nel campo della sussidiarietà virtuosa. Alla necessità delle amministrazione di razionalizzare e indirizzare al meglio la spesa e – parallelamente – di interrogarsi su nuove forme di utilizzo dello spazio urbano si unisce una crescente richiesta di protagonismo da parte di parti non marginali di popolazione (giovane e meno giovane). Uno scenario mutato rispetto a quello conosciuto in precedenza attraverso l’attivazione volontaristica e che supera gli steccati dell’appartenenza a questa o quella associazione, delineando addirittura una nuova possibile concezione di cittadinanza. Si tratta di quel “valore aggiunto” di cui parla spesso nei suoi scritti Gregorio Arena, uno dei maggiori esperti italiani di questa montante onda di attivazione civica. Siamo di fronte ad una moltiplicazione di energie e competenze di cui ogni comunità avrà bisogno e che FuturaTrento si propone di mappare e accompagnare.
Un ultimo aspetto – per nulla secondario – che ha favorito la nascita di FuturaTrento è certamente connesso alla vasta gamma di opportunità offerta dalla tecnologia, oggi fattore complementare a quelli elencati in precedenza e che contribuisce (non da sola) a creare reti di collaborazione, a elaborare idee e progetti, a raccogliere e coordinare disponibilità e interessi.
Ma lasciamo l’immagine di contesto per tornare alla favola con cui abbiamo iniziato questo intervento. Lucio Dalla cantava in Futura: “aspettiamo che ritorni la luce / di sentire una voce / aspettiamo senza avere paura, domani”. Saper raccontare il reale è dono prezioso che il cantante bolognese possedeva e in questo verso è centrale il richiamo alla curiosità, unico antidoto all’avanzare della paura, della frustrazione, dello spaesamento, tutti sentimenti fortemente presenti in questo tempo. Una curiosità coraggiosa, paziente e un po’ incosciente la dovremo praticare anche noi, insieme a tutti coloro che decideranno di partecipare, per dare forma e continuità all’esperienza di FuturaTrento.
Non solo quindi la somma dei progetti che i partner hanno deciso di realizzare. Non solo le “sfide” che dall’Amministrazione verranno lanciate o le idee dei singoli cittadini che troveranno spazio nella piattaforma web. Sarebbe limitativo ridurre ad un elenco di iniziative o a una bacheca di eventi quello che invece dovrà essere – nella migliore delle ipotesi – un processo partecipato che punta alla riqualificazione di alcune aree oggi poco e mal utilizzate della città.
Quello che andrà cercato è quindi il metodo di lavoro, il piacere di immaginare insieme, la capacità costante di far dialogare visioni e ipotesi diverse, lo stile condiviso per la co-progettazione e l’aggregazione di ipotesi progettuali, una comune narrazione capace di influenzare e migliorare le scelte della città e della sua Amministrazione. Per fare tutto ciò oltre all’ordinaria attività di promozione del progetto e della piattaforma web servirà uno sforzo aggiuntivo, il rafforzamento di una consapevolezza diffusa utile all’affrontare un passaggio necessario nella scrittura di una favola che voglia avere un svolgimento coinvolgente e un lieto fine: il primo capitolo.
L’incipit ha un ruolo determinante nel dare il via alla storia, per indirizzarla. Inizia a descriverne il ritmo, l’ampiezza, i caratteri prevalenti, le diverse tracce parallele che la attraversano, a volte incrociandosi e proseguendo insieme. Il momento iniziale (di un processo partecipativo, così come di una narrazione) assume il valore simbolico di un atto fondativo, di un patto di collaborazione e condivisione. In un contesto di grande frammentazione sociale, culturale e politica, la scrittura di quello che chiamiamo “primo capitolo” è decisiva proprio per provare a ricucire una narrazione che – sia che guardiamo il contesto globale che quello di massima prossimità – sembra aver ben poco di collettivo. Questa è certamente la prima sfida – tra le mille che dovrà affrontare quotidianamente – di FuturaTrento.
Quali sono allora le caratteristiche di queste prime pagine da scrivere insieme perché il progetto non venga percepito come un corpo estraneo alle variegate dinamiche cittadine?
La piattaforma web, sul modello dei media civici, dovrà essere il luogo privilegiato della proposta, della discussione e della messa a verifica delle idee che emergeranno. Dovrà essere uno strumento riconosciuto come accogliente e utile, e off-line dovrà dotarsi delle articolazioni necessarie a non rimanere confinato in rete senza un collegamento reale con la dimensione comunitaria della città con la quale si propone di interagire.
I partner già coinvolti in FuturaTrento attraverso le loro iniziative sul territorio promuoveranno la piattaforma web e saranno i primi protagonisti della sua attività, degli apripista per tutti quelli che decideranno successivamente di abitarla e renderla viva. Saranno infatti i loro progetti a mettere per primi alla prova le potenzialità di FuturaTrento, e saranno quegli stessi progetti la necessaria verifica per il corretto avanzamento del flusso dell’idea (per semplificare dalla proposta alla realizzazione…).
L’Amministrazione comunale, capofila del progetto sarà garante di quello che abbiamo chiamato “flusso dell’idea”. Il suo compito sarà quello di valorizzare le idee emerse (mantenendo anche la possibilità/necessità di verificarne la fattibilità), di metterle in relazione quando ce ne sia la possibilità, di proporne altre in forma di sfide aperte ai cittadini. Più in generale il lavoro che svolgerà sarà quello di facilitare l’accesso alle opportunità di attivazione autonoma dei cittadini, agendo sull’incrocio virtuoso tra l’orizzontalità dell’attivazione stessa con la verticalità della scelta che all’Amministrazione rimane in capo.
C’è infine un personaggio, ancora del tutto ipotetico e potenziale, che di questo primo capitolo dovrà essere allo stesso tempo lettore e autore. E’ un nascente e auspicabile soggetto collettivo (in forme variabili e difficilmente schematizzabili) che avrà il compito di riempire di contenuti una narrazione che – come accennavamo precedentemente – fatica a trovare luoghi di coagulazione virtuosa. Non partiamo certo da zero. Esistono buone pratiche che già innervano il territorio, FuturaTrento dovrà metterle a sistema e stimolare la nascita e lo sviluppo di altre oggi assenti.
Anche i questo caso non basterà la somma matematica delle forze in campo per raggiungere l’obiettivo ambizioso del progetto. Servirà rendere generative le relazioni e persino i conflitti che incontreremo, sostenere il sentimento di fiducia reciproca tra i vari attori della rete che si genererà, far sentire importante ognuno all’interno di un contesto aperto e dialogico.
Quale sarà il contesto di questa narrazione? La città, che Benjamin Barber nel 2013 in un suo intervento intitolato “Se i sindaci governano il mondo” descriveva in questo modo: “Le città hanno poca scelta: per sopravvivere e prosperare devono rimanere luoghi del pragmatismo e del problem solving, della cooperazione e del collegamento in rete, della creatività e dell’innovazione”.
Saremo in grado di raccogliere questa sfida?