"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Lo storico Cardini: «Fondamentalismo coltivato dall’Occidente, l’Islam non è terrorismo». Una bella intervista di Erica Ferro sul Corriere del Trentino
(7 luglio 2015) «Davvero ignoriamo che la malapianta del fondamentalismo l’abbiamo innaffiata e coltivata per anni noi occidentali?». Franco Cardini, professore emerito di storia medievale all’Istituto italiano di scienze umane, se lo chiede sin dall’introduzione al suo ultimo volume «L’ipocrisia dell’Occidente. Il Califfo, il terrore e la storia», edito da Laterza.
Dietro lo scontro di civiltà, «volgarissima bugia», si nascondono, secondo lo studioso, interessi precisi, che poco o nulla hanno a che fare con la religione. «Il vero problema è la cattiva distribuzione della ricchezza, che crea l’impossibilità pratica della convivenza» sostiene. Lo storico ha presentato il suo saggio ieri sera a Vezzano con il giornalista del Corriere del Trentino e Corriere dell’Alto Adige Giancarlo Riccio.
di Erica Ferro, Corriere del Trentino
Professore, perché l’Occidente è ipocrita?
«Siamo abituati a circoscrivere l’Occidente non tanto descrivendone la sostanza, quantodelimitandone i confini e presentandone i nemici: se un tempo l’antagonista era il socialismo sovietico, oggi interlocutore avversario è considerato l’Islam. L’ipocrisia dell’Occidente, politicamente inteso, sta nel tentativo di far passare come assolute e metastoriche le ragioni di opposizione al fondamentalismo islamico, quando in realtà ne ha provocato la nascita».
In quale modo?
«Il primo strappo è avvenuto al termine della prima guerra mondiale, con il diffondersi della delusione per il trattamento che il mondo arabo aveva ricevuto da inglesi e francesi, che l’avevano illuso di potersi unificare e poi invece se l’erano spartito. In seguito gli Stati Uniti hanno permesso l’impiantarsi di gruppi musulmani fondamentalisti in Afghanistan con l’aiuto dell’Arabia saudita, quando si è trattato di vincere la guerra contro l’Unione sovietica. Francia e Gran Bretagna hanno fatto lo stesso in Libia e in Siria. Ora che lo Stato islamico del califfo al-Baghdadi semina il terrore, governi e mass media occidentali riesumano l’antica parola d’ordine del fondamentalismo quale nemico pubblico numero uno, ma per il momento in guerra sono soltanto l’esercito statale siriano, le milizie curde e alcuni volontari iraniani».
Dalle sue parole sembra di capire che la religione c’entri poco o nulla.
«Dietro all’ostentazione di immagini e simboli non si nasconde alcuna elaborazione religiosa. Nella propaganda fondamentalista esiste, tuttavia, un tipo di predicazione che insiste su un carattere di giustizia di Dio. Il fondamentalismo dilaga in un mondo musulmano che dopo essersi visto ridotto in semi-schiavitù dai sistemi colonialistici, si sente ora sfruttato nelle sue materie prime, nella sua forza lavoro. In Occidente, invece, si insiste sul feroce fanatismo religioso. Quella in atto è una guerra politica, le cui ragioni intrinseche, da parte dei fondamentalisti, sono anche ragioni sociali».
Non si tratta, dunque, di uno scontro di civiltà?
«No, chi ne parla dice una volgarissima bugia. Siamo davanti, invece, a una guerra dei fondamentalisti contro i governi di musulmani moderati. Che gli attentati di Sousse e del Bardo, ad esempio, siano stati compiuti per odio nei confronti degli occidentali è demenziale. I fondamentalisti vogliono dissuadere i turisti occidentali dal portare in Tunisia valuta pregiata, hanno intenzione di rovinare l’economia tunisina perché decisi ad abbattere il governo, per loro una fase di impoverimento del Paese è necessaria».
Che cosa deve fare, allora, l’Occidente? «Il vero problema è la cattiva distribuzione della ricchezza, che crea l’impossibilità pratica della convivenza nel momento stesso in cui viene conosciuta per quello che è. Bisognerebbe agire sui rapporti fra le istituzioni del mondo asiatico e africano e le nostre multinazionali, che stanno rapinando il mondo con l’appoggio governi locali. È una strada lunghissima tuttavia, l’Onu non ha strumenti per intervenire e nemmeno noi per incidere su questi processi, perché i nostri politici sono ormai soggetti a economia e finanza. Dovremmo chiedere che qualche cosa cambi e sperare che insistendo possa cominciare a succedere».
E nei confronti dell’Islam?
«Cercare di capire e far capire che la stragrande maggioranza dei musulmani non vuole diventare terrorista. Che chi viene nel nostro Paese a cercare lavoro, ad esempio, ne ha veramente bisogno».
Giovanni Filoramo, sul Corriere del Trentino di venerdì, sostiene l’importanza di insegnare storia delle religioni a scuola, perché la nostra è una società multietnica, dunque multireligiosa, ed è essenziale conoscere l’altro e i valori altrui. È d’accordo?
«Certo, ma al momento non disponiamo del personale docente in grado di farlo. L’insegnamento religioso nelle scuole, attualmente, è catechismo della religione cattolica e non serve a nulla. Occorre un insegnamento storico-filologico chiaro e semplice del fenomeno religioso ed è necessaria un’azione di governo immediata, a partire dalla riforma dei programmi».
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