"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

A luci spente. Domande sulla Grecia

Rebetiko

di Alberto Castagnola*

(21 luglio 2015) Il parlamento greco ha dunque approvato l’accordo raggiunto in sede europea e presentato dal governo di Syriza alle forze politiche; è il momento giusto per formulare alcune domande che mi frullano per la testa e per le quali finora non ho trovato dati o informazioni attendibili. Chissà se qualche esperto o qualche centro studi non possa mettere a disposizioni elementi più significativi.

1. Per mesi si è discusso sui debiti della Grecia, ma non ho visto una descrizione articolata e completa dei debiti accumulati dai governi precedenti a quello attuale. Il totale è superiore ai 300 miliardi e forse arriva a 340. L’Ue sorveglia occhiutamente i finanziamenti erogati a migliaia di piccole e grandi organizzazioni per lo sviluppo, ma non sembra esistere un Olaf, l’ente dal nome di guerriero vichingo, che negli anni si sia preoccupato di denunciare la crescita abnorme dei crediti ricevuti da un piccolo paese europeo.

2. I debiti non sono tutti uguali, quelli del Fondo Monetario e della Bce non sono gestibili come quelli aperti verso istituti nazionali, banche private o fondi di investimento ad alto rischio e gli oneri per interessi sono completamente diversi. Solo pochissimi giorni fa, a trattativa conclusa, il Fondo monetario ha reso noto la possibilità di passare da trenta a sessant’anni le scadenze dei crediti concessi alla Grecia e soprattutto che a seconda dei paesi possono chiedere subito le restituzioni, restare in posizione di attesa oppure decidere di non fare nulla. Anche Draghi, che sembra aver svolto un ruolo non indifferente nei mesi della trattativa, ha potuto esprimersi in favore di tagli consistenti dei crediti pubblici per rendere possibile la ripresa del paese.

3. Qualcuno si è preoccupato di calcolare, dal punto di vista della Grecia e della sua popolazione, se gli oneri saranno sostenibili? In altre parole, se il governo del paese disporrà di risorse sufficienti per produrre un reddito talmente alto da ripagare i debiti precedenti e gli interessi che continueranno a correre? Perché il Fondo Monetario ha parlato di questo aspetto solo a trattativa conclusa? Serviva l’intervento del presidente statunitense per far cambiare posizione alla francese Lagarde?

4. Qualcuno si è accorto che Schauble e Gabriel hanno proposto di trasferire beni pubblici greci (porti, aeroporti, strade, ecc.) per un valore di 50 miliardi di euro, a titolo di garanzia, ad un veicolo finanziario con sede in Lussemburgo, noto paradiso fiscale. Molti giornali e lo stesso Renzi si sono opposti, per evitare alla Grecia l’“umiliazione” del trasferimento all’estero, lesiva della sovranità nazionale, mentre nessuno ha sottolineato il fatto che l’organismo si trova sotto la KFW, la banca di sviluppo tedesca, che nel consiglio schiera il ministro di centrodestra Schauble e il vicecancelliere socialdemocratico. Forse ci troviamo di fronte a un conflitto di interesse ad altissimo livello, e Gambino si sarebbe morso le mani per l’invidia.

5. Non ho trovato alcuna lista dei debiti, pubblici e privati, contratti dalla Grecia con singoli paesi europei, in particolare quelli facenti parte della Zona Euro. Per l’Italia ho visto una cifra intorno ai 35 miliardi di euro. Avere una tale lista, ben articolata in debiti pubblici, debiti con banche centrali, debiti con banche private, debiti con fondi di investimento, ecc. permetterebbe di valutare in termini molto concreti una proposta di aiuto alla Grecia di iniziativa di singoli governi che, terminati i negoziati, si ritenessero in grado di intervenire a favore di un paese in difficoltà: a) cancellando parte dei crediti, b) congelando in tutto o in parte e per un certo numero di anni i crediti di Stato; c) rinunciando al pagamento di interessi per un certo numero di anni onde permettere alla Grecia di riavviare la sua economia usando a tale scopo una parte consistente delle entrate pubbliche (che altrimenti sarebbero in larghissima misura destinate ai rimborsi dei debiti e al pagamento degli interessi; d) intervenendo sulle banche perché adottino misure analoghe. In altre parole, mi sembra giunto il momento che gli Stati europei utilizzino piccole parti dei loro alti redditi per forme di aiuto reciproco non condizionato, sempre che si sia convinti che l’idea di una Europa non sia soltanto una vuota ideologia di comodo. Se si pensa a cifre dell’ordine di 2-5 miliardi (una piccola parte delle nostre evasioni fiscali o delle corruzioni), per la Grecia si tratterebbe di un sollievo non da poco.

6. Ho visto con piacere che l’Arci ha lanciato una raccolta di fondi per aiutare una rete di 400 enti di volontariato greci che svolgono attività essenziali per la popolazione. Credo che questa iniziativa dovrebbe contagiare altri organismi, dalla lega delle Cooperative alle istituzioni di assistenza delle varie religioni. Mi permetto però di suggerire che per parecchi anni ciò che sarebbe più utile (oltre ai soldi raccolti periodicamente) sarebbero forme continuative di collaborazione, di scambio di esperienze e di formazione per attivare, riattivare, moltiplicare ogni tipo di servizio che corrisponda a bisogni essenziali della popolazione greca (leggi anche La Grecia e quel sogno bizzarro). Occorre entrare nell’ordine di idee che solo un gemellaggio prolungato nel tempo e che non sia condizionato dalle istituzioni (che saranno impelagate dalle norme e dalle ispezioni europee) e che parta dal basso potrà permettere al paese di risollevarsi dalla depressione che dura ormai da troppi anni.

* Economista e obiettore di crescita, è animatore di reti di economia solidale

 

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