"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Teoria gender, differenza tra sesso e cultura

Libertà di amare

 

Riprendo dalla rubrica "opinioni" del sito http://trentinocorrierealpi.gelocal.it questa riflessione dell'amico Gianfranco Bettin su un tema di particolare attualità anche in Trentino. 

Dietro le cialtronate e le vere e proprie menzogne a freddo seminate sul tema, c’è quell’arcaica, autoritaria volontà di ricondurre la libertà di amare e di essere se stessi nel proprio corpo all’interno di un disciplinare precostituito

di Gianfranco Bettin

(17 settembre 2015) Uno spettro si aggira per l’Italia, avvolto in un lenzuolo. Il lenzuolo è la cosiddetta teoria “gender”. Lo spettro è il solito vecchio oggetto dell’astio dei sessuofobi: il sesso liberamente e consapevolmente vissuto. Dietro le incredibili polemiche contro “the gender”, dietro le cialtronate e le vere e proprie menzogne a freddo seminate sul tema, c’è quell’arcaica, autoritaria volontà di ricondurre la libertà di amare e di essere se stessi nel proprio corpo all’interno di un disciplinare precostituito, prodotto di rapporti di potere (che è anche, sempre, potere sui corpi) sia nella microfisica delle relazioni sia nella legislazione, qualcosa, cioè, che valga per tutti, pena uno stigma o una concreta sanzione.

Nel tempo in cui lo stigma, cioè il disdoro sociale e culturale, è reso più debole o addirittura viene dissolto dall’affermarsi di una pluralità di orientamenti reciprocamente rispettosi (o almeno tolleranti), le fazioni militanti dell’omologazione ricorrono all’arma della politica per impedire l’acquisizione di diritti perfino elementari a chi, per libera scelta personale che a nessun altro intende comunque imporre, a quella omologazione sfugga. È un modello che si ripete ogni volta.

Se si andassero a rileggere le cronache sul referendum sul divorzio (1974) se ne avrebbe la prova: cosa non sono stati capaci di dire i contrari prima all’introduzione e poi al mantenimento del divorzio in Italia lascia basiti. Come quello che oggi mettono in giro i nemici più acerrimi del “gender”. Capaci di scatenarsi contro favole e racconti pensati per descrivere la varietà del mondo e della vita e in, generale, contro la possibilità stessa che si possa ragionare sul cuore di tale questione: la differenza tra ciò che è genetica, biologia, anatomia (il sesso) e ciò che è costruzione culturale e sociale (il genere), e, fattore cruciale, la relazione tra queste due dimensioni (compresi i loro aspetti “opachi”, direbbe Judith Butler).

Un percorso che ha dietro di sé grandi personalità della cultura e della ricerca sul campo - e soprattutto la vita quotidiana reale e sofferta, i sentimenti, le speranze, i progetti di tante persone - viene banalizzato e deformato ad uso polemico, per ostacolare ogni evoluzione che riconosca quella libertà di amare e di essere. Nessuno costringerà mai un devoto seguace della tradizione ad abbracciare scelte diverse, ma quello stesso devoto seguace costringe tuttora un gran numero di persone ad adattarsi al suo pensiero, alle sue scelte di vita e soprattutto alle sue leggi (per non dire dei delitti e delle violenze fisiche o psicologiche causate da sessuofobia e omofobia).

Per mantenere questo stato di cose a molti sembra lecito tutto, compresa la menzogna e la disinformazione. È per questo che, ieri, il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha alzato i toni delle risposte già da tempo arrivate dal governo sulla questione del presunto obbligo di insegnare le teorie gender che, secondo certi critici, sarebbe previsto nella riforma della scuola. Il ministro ha ben chiarito che tale obbligo non esiste e semmai, nella sua risposta, ha forse ecceduto su fronti opposti.

Da un lato, minacciando querele che, di fronte a critiche pur sempre di natura politica e culturale (anche se se estreme o deformanti), dovrebbero meglio lasciare il posto a repliche argomentate. Dall’altro lato, dando in un certo senso corda a chi pensa che il tema del “gender” sia in sé disdicevole e non, invece, una complessa e feconda area di studi e ricerche e una categoria culturale assai ricca e varia. L’intervento del governo, comunque, sembra indicare che è davvero tempo di riconquistare una misura e una razionalità nel confronto, della cui assenza solo i fanatici possono giovarsi.

 

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