"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Questo commento è stato pubblicato come editoriale sul Corriere del Trentino nei giorni immediatamente successivi alle azioni terroristiche di Parigi.
di Ugo Morelli
"Invece di una patria/trattengo le metamorfosi del mondo”, scrive la poetessa premio Nobel, Nelly Sachs, in Fuga e metamorfosi. Di fronte all’orrore che ci suscita la guerra in casa nostra, nella notte di Parigi, noi dovremmo riflettere, in ogni luogo, anche nei nostri piccoli luoghi, che sono parte del mondo globale.
Dovremmo, accanto alla condanna della violenza distruttiva in ogni sua forma, disporci a chiederci cosa sta succedendo e cosa possiamo fare. Sono trascorsi alcuni anni da quando Ryszard Kapuscinski aveva intuito che “dovunque c'era un confine ci sarà un mercato”. Le patrie e i luoghi, con la crisi degli stati nazionali, hanno cambiato di significato e lo scambio è divenuto inarrestabile.
Lo scambio è scambio di tutto, e questa è forse la più importante metamorfosi che il nostro mondo, nel micro e nel macro, sta vivendo. Non siamo all’altezza di quella metamorfosi: si mostra troppo veloce per le nostre menti, le nostre culture, la nostra organizzazione sociale, economica e politica. Non riusciamo a trattenerla quella metamorfosi, come ci indica la poetessa. Vale la pena allora chiedersi tra che cosa scegliamo, ammesso che si possa parlare di scelta. Non scegliamo di isolarci, chiuderci, o dialogare ed aprirci.
Siamo già aperti e scegliamo se dialogare o fare la guerra. Quest’ultima è la via più immediata e pratica, ed emotivamente saremmo portati a seguirla senza riflettere e pensare. Ma, accanto alla necessaria e intelligente difesa della libertà, dei diritti e della sicurezza, che in queste ore vacillano vertiginosamente, dobbiamo chiederci come svoltare da quella che è, evidentemente, la conseguenza estrema delle ingiustizie, delle disuguaglianze, degli sfruttamenti più unilaterali e delle molteplici forme di dominio che una parte del mondo, la nostra, ha operato e continua ad operare sulle altre parti.
Gli aspetti indesiderati e terribili delle metamorfosi in atto ci vedono coinvolti e protagonisti, non solo vittime. Nelle città del vicino oriente, e in molti altri luoghi, accadono eventi tragici da molti anni, simili a quelli parigini, e noi ne siamo corresponsabili. Se ci viene da chiederci, nelle nostre case calde e nei nostri luoghi sicuri, “dove sta andando questo mondo?”, conviene chiederci dove stiamo andando in questo mondo, anche noi parte del tutto in trasformazione.
Allora forse potremo renderci conto di come stiamo affrontando quelle che sono, probabilmente, le due questioni soglia del nostro tempo: il dialogo tra le culture e il riscaldamento globale. Sia sulla prima che sulla seconda, possiamo distruggerci o cambiare idee e comportamenti; possiamo subire o vivere, affrontandole, le trasformazioni in atto. Mai come oggi è richiesta la nostra diretta responsabilità, individuale e collettiva.
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