"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Francesco Picciotto *
(27 gennaio 2016) In questi giorni Gustavo Zagrebelsky ci ripropone una riflessione importante (dico ci ripropone perché la stessa, con qualche piccola variazione, era stata alla base di un suo intervento nel 2012 al Science & Democracy Forum).
Zagrebelsky articola il suo pensiero a partire dalla lettura di un testo che io apprezzo molto (Collasso: la scomparsa della civiltà) scritto da un autore che apprezzo moltissimo: Jared Diamond (la differenza fra molto e moltissimo sta nel fatto che il suo testo che apprezzo di più è “Armi, acciaio e malattie”).
In breve (per quanto sia possibile trattare in breve una tesi così articolata) Zagrebelsky afferma che ciò che è accaduto sull’Isola di Pasqua sia di fatto un “esperimento in vitro” di ciò che potrebbe accadere (e che forse sta già accadendo) sul nostro pianeta. Questa sua affermazione secondo me viene da una lettura un po’ troppo semplificata della teoria di Diamond (d’altra parte Zagrebelsky è un giurista e per quanto ne sappia anche l’unico in Italia che tenti, a partire dal suo campo, una sintesi interdisciplinare coraggiosa fra giurisprudenza, sociologia, antropologia ed ecologia) che nel suo mettere a confronto diverse “esperienze umane” in varie parti del mondo e in varie epoche, riconosce alla componente ambientale ed ecologica una responsabilità fondamentale nell’avvenuto collasso di alcune civiltà o nell’aver trovato, da parte di altre, una soluzione. Ma in uno con la componente ambientale ne riconosce, se non vado errato altre 11, che definiscono una vera e propria matrice che una volta applicata ci dice di più sulle ragioni di successo o di un successo di una civiltà all’interno del proprio contesto storico ed ambientale.
Ma già la semplificazione di Zagrebelsky mi sembra un passo in avanti fondamentale e di sicuro lo è nel contesto asfittico della discussione in Italia dove si parla sempre di “crisi economica”, “crisi valoriale”, “disagio psichico”, restando chiusi all’interno dei propri ambiti (di volta in volta quello economico, etico, psicologico) senza mai riconoscere alcuna cittadinanza alla vera questione di base: abitiamo un pianeta che ha una quantità limitata di risorse disponibili e noi esseri umani le stiamo consumando più in fretta di quanto lui non sia in grado di rinnovarle.
Se non si assume questa come questione fondamentale e propedeutica a tutte le altre semplicemente non ci si renderà conto di quale è l’origine del male e dove è necessario andare a cercare le soluzioni.
Ben venga quindi l’analisi semplificata di Zagrebelsky che a questo punto offre alla riflessione un altro elemento importante. Lui parla di rottura del patto generazionale. Gli uomini vivono molto più tempo rispetto a prima (e qui viene fuori il giurista con remore di tipo pensionistico!) e consumano senza preoccuparsi di farlo “a valere” sulle risorse necessarie a garantire la sopravvivenza delle generazioni future. Questa osservazione importante non tiene conto però dell’altro aspetto: la riproduzione. Il problema non sta solo nel fatto che l’uomo desideri vivere più a lungo ma anche nel fatto che da sempre si riproduce a proprio piacimento. Entrambe le aspettative rientrano fra quelle che riteniamo aspettative legittime di base (a pieno titolo considerate fra i “diritti naturali” dell’uomo). Se penso, per esempio ai miei amici tanzaniani mi viene subito in mente che per loro una persona veramente realizzata e meritevole di stima e apprezzamento da parte della comunità, è una persona molto vecchia e che ha avuto molti figli.
E qui che Zagrebelsky introduce un ragionamento del tutto nuovo per me. Non ne fa più soltanto una questione ecologica ma pone l’accento su una questione giuridica e di governo.
Il costituzionalismo, che ha come frutto più maturo la democrazia, grande conquista dei paesi che si autodefiniscono “sviluppati” e ancora da venire per molti degli altri, si basa completamente sul riconoscimento dei diritti. Diritti fondamentali, diritti naturali, fino a diritti più specifici quali il diritto al voto oppure il diritto alla privacy, animano da decenni la discussione sia in ambito filosofico, che giuridico e politico. Ma la questione sui diritti fino a questo momento si è posta come limiti il pari riconoscimento dei diritti dei nostri contemporanei (e anche li con limiti evidenti nelle ingiustizie perpetrate ogni giorno ai danni per esempio di coloro che vivono nel sud del mondo), ma non si è posta mai il problema del riconoscimento dei diritti delle generazioni future. Le generazioni future in quanto non presenti sul nostro pianeta in questo momento non hanno giuridicamente diritti e nemmeno la possibilità, un domani, di rivalersi su coloro che questi diritti non hanno riconosciuto, ovverossia le generazioni passate, che in quanto non più esistenti sul pianeta saranno materialmente insolventi.
E qui arriva la mia riflessione:
se assumiamo che le risorse del nostro pianeta sono limitate (ed è sempre stato così) e a questo punto anche ridotte (se non addirittura in fase di esaurimento e già da adesso non bastevoli a soddisfare tutti “i presenti” secondo i diritti acquisiti da pochi);
se assumiamo che il maggiore consumatore di queste risorse è l’uomo che fra i suoi diritti fondamentali si autoriconosce quelli di vivere il più a lungo possibile e di riprodursi senza limiti;
se riconosciamo questi diritti anche alle generazioni future;
quali sono gli scenari in termini di governo del pianeta che ci si presentano?
Zagrebelsky prova a immaginare (ma la sensazione che da a me è che voglia chiudere con una nota di speranza che convince poco prima di tutti lui) ancora un’evoluzione, l’ultima, del costituzionalismo e della democrazia. Io stento a crederci (e lui stesso più che immaginarla la auspica). Come fa un sistema di governo tutto basato sul riconoscimento dei diritti ad evolvere verso una forma che metta al centro i doveri (caratteristica strutturale dei sistemi totalitari), e non soltanto i doveri verso i propri contemporanei ma verso le generazioni future? E quando si parla di doveri sapete di cosa stiamo parlando (tenendo ferme le condizioni date sul pianeta nel quale viviamo)? Consumare meno (che inevitabilmente rischia di corrispondere a “vivere meno”) e riprodursi meno.
Io per quanto ci pensi, per quanto mi sforzi, non riesco ad andare oltre ai tre scenari che di seguito riporto brevemente:
Scenario 1 – La deflagrazione cosmica (attualmente e alla luce di ciò che sta accadendo è lo scenario a mio avviso più probabile): tutti contro tutti nel tentativo di accaparrarsi le ultime risorse rimaste. I più forti fanno prevalere la legge dei più forti. All’inizio ce la fanno (fino a qui non è scenario futuro ma storia di ieri) provando ad asserragliarsi all’interno delle loro roccaforti “di diritto” (avete mai sentito parlare di intangibilità dello stile di vita americano?). Poi tutto crolla sotto la pressione dei disperati che arrivano da tutte le parti. Guerre disastrose, carestie, malattie, insomma uno di questo begli scenari biblici che si conclude con un drastico calo demografico…e ricominciamo da capo (quasi…perché anche un mutamento così drastico rientra sempre nei tempi umani ma non si allineerebbe comunque con quelli geologici);
Scenario 2 – Fantascienza: l’umanità decide di concentrare tutte le risorse rimaste per fare l’unica cosa veramente saggia, dal punto di vista tecnologico (e qui rinnego la mia natura di ecologista profondo a favore di quella dell’ecologista superficiale!), che le resta da fare: cercare altre risorse nel più breve tempo possibile al di fuori del nostro pianeta. In questo senso e allo stato attuale delle cose infatti le aspettative umane del vivere e riprodursi il più possibile perdono legittimità solo nella misura in cui sono costrette a fare i conti con le risorse limitate del pianeta sul quale viviamo. Se l’umanità riuscisse ad aprirsi alle risorse presenti nell’universo (e li ancora se parliamo di infinito o meno non lo sappiamo) allora inevitabilmente riacquisirebbero la legittimità perduta per forza di cose. Lo reputo uno scenario probabile? Che devo dirvi?
Scenario 3 – Ritorno al futuro: l’umanità si dota di un governo globale equilibrato ed egualitario (per quanto possa esserlo governo fatto e gestito dagli uomini). Fa un bel bilancio delle risorse planetarie, magari un po’ decide di investirle nello scenario 2, e quelle che restano, in attesa di fuggire a gambe levate da questo pianeta, le divide equamente ad una umanità tenuta ad un livello demografico accettabile grazie ad un capillare e rigidissimo controllo delle nascite. Lo sapete, non è vero, come si chiamano gli unici esperimenti in grande scala, fatti in questo campo sul nostro pianeta fino a questo momento? Si chiamano: Unione Sovietica e Cina pre apertura al libero mercato.
Esiste alla fine un quarto scenario che è in fondo il più probabile ed è un miscuglio fra i primi tre, con una prevalenza del primo sugli altri due in un primo momento e poi (se ci va bene…figuratevi se ci va male!) la ricostituzione di un ordine mondiale all’ombra di un redivivo vessillo rosso.
Il resto mi sembra solo “teorie consolatorie” o peggio giustificazioni a noi stessi per continuare a mangiare fino a che ce n’è.
* dal blog https://adoraincertablog.wordpress.com/
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