"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Federico Zappini
(4 febbraio 2016) Solitamente quando non mi viene immediatamente voglia di scrivere di una cosa è perché la mia curiosità non è stata particolarmente sollecitata. E’ andata così anche per il report che mi ero impegnato a redigere dopo il seminario nazionale dei Luoghi Idea(li), svoltisi a Parma lo scorso 30 gennaio. Ho riguardato gli appunti – pochi, a essere sincero – e ho provato a ripensare al paio d’ore di dibattito a cui ho assistito e la sensazione che ne traggo è quella di una certa delusione, che ora provo a descrivere brevemente. Delusione che – lo voglio specificare – prende le mosse dalle altissime aspettative che ripongo nell’esperienza proposta da Fabrizio Barca e dal suo gruppo di lavoro.
Sono condivisibili i punti di partenza dell’analisi, che qui sintetizzo ponendo allo stesso tempo anche alcuni appunti critici.
1) Si partiva (e non si è ancora usciti da quella fase) da una situazione che è stata definita di “catastrofe”. In particolare il riferimento è alla crisi del Partito Democratico, ma a ben vedere è l’intero sistema politico, partitico e istituzionale a non attraversare un momento di buona salute.
2) Non si può negare l’entrata in crisi del sistema capitalistico per come lo abbiamo conosciuto. La crisi quindi non è un fenomeno transitorio, ma di sistema. Detto questo se tutto si limitasse alla condanna dell’ultimo ventennio (quello della “catastrofe”, per semplificare) confermeremmo di non aver compreso davvero la portata della trasformazione ormai avvenuta e delle contromisure necessarie per non venirne sopraffatti.
3) Gli scenari oggi non subiscono variazioni progressive. Se disegnati su un grafico potremmo vedere fasi orizzontali di accumulazione di “energia per il cambiamento” (come sta avvenendo in questo momento) e successive esplosioni verticali di trasformazione. Quando la prossima? Determinata da cosa?
4) E’ necessario prendere in considerazione di come sia avvenuta (o almeno sia in atto) un’evoluzione nel rapporto tra giovani e politica. L’attivismo di Matteo Renzi – nel bene e nel male – ha modificato lo schema interpretativo, i linguaggi, l’approccio alla rappresentanza. Dentro riescono a convivere sia l’ipotesi di una maggiore responsabilità per 30enni e 40enni (potenzialmente un tratto decisamente interessante, anche nei progetti presentati dai Luoghi Ideali) che l’accettazione della logica leaderistica, con tutti i pericoli e le distorsioni che comporta. Esiste un’altra strada rispetto a quella che abbiamo imboccato? Dovremo adattarci a questo contesto, attrezzandoci per non rimanerne sopraffatti?
5) Esistono una serie di temi ricorrenti emersi dall’analisi del metodo sperimentato nei Luoghi Idea(li).
– Sostenibilità e capacità di proseguire oltre la dimensione progettuale.
– Contaminazione. Necessità di allargare, di condividere con altri metodi e competenze.
– Rapporto progetto/potere. Uno dei punti più conflittuali, anche in relazione al rapporto con il partito e al modo di interpretare il ruolo dei progetti.
– Valutazione. Fase obbligatoria per ogni progetto, sempre maggiormente utilizzata anche dalle amministrazioni pubbliche in termini di performance e verifica processuale.
– Relazione con cittadinanza attiva. Fondamentale anche per evitare che questa perda di vista le caratteristiche fondamentali di uno strumento elemento di attivazione civica. Spunto per essere capaci anche di trasformarla in altro dal “solo” sentirsi parte di una comunità del fare.
Mi dispiace non aver partecipato all’attività del mattino focalizzata sulla riflessione attorno ai vari progetti e che probabilmente – meno orientata a descrivere una prospettiva praticabile dal punto di vista strettamente politico – mi avrebbe aiutato maggiormente a contestualizzare punti di forza e debolezza del metodo.
Ma si può vivere di solo metodo? E quali orizzonti può darsi un’esperienza di questo tipo?“Il partito palestra ha prodotto molti atleti” è stato detto durante il dibattito pomeridiano. Ma in che campionato si troveranno a giocare ora che hanno terminato il loro periodo di allenamento?
Fabrizio Barca sintetizza in un breve video le sue riflessioni alla fine della giornata. Eccolo. Può essere sufficientemente ambiziosa la sfida del riconoscimento da parte del PD dell’esperienza Luoghi Idea(li)? Si tratta semplicemente della possibilità da parte del partito di assumere un metodo per meglio gestire la sua articolazione territoriale o questa richiesta ha finalità più articolate? Non c’è possibilità di agire – oltre che nella sacrosanta ricerca di meccanismi maggiormente partecipativi nello sviluppo dell’azione sociale e politica – l’obiettivo di promuovere e sperimentare paradigmi (economici, sociali e culturali) diversi da quelli che in Italia – e più in generale anche in tutto l’Occidente – assumono la forma del pensiero unico orientato alla crescita economica? Tutte domande, queste, che non hanno trovato una risposta chiara nell’incontro di Parma.
La delusione – certamente mitigata da un meraviglioso pranzo a base di specialità parmigiane – è passata in fretta nel momento in cui risulta evidente che la scelta di interpretare una strada piuttosto di un’altra (magari apparentemente meno ambiziosa e non è certo dettata da disonestà intellettuale o ambiguità ma solo, probabilmente, dalla necessità di capire meglio quale sia la prospettiva migliore da cui guardare il mondo o ragionare sul come garantire al progetto stesso condizioni migliori per il radicamento e lo sviluppo. Attendo la prossima occasione di confrontarmi con Fabrizio Barca, magari di nuovo a Trento. Vale come invito...
da https://pontidivista.wordpress.com
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