"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Figlie dell'Epoca, donne di pace e resistenza

Il congresso del 1915

lunedì, 25 aprile 2016

“La pace è come una marea portatrice di sentimenti morali, che sta emergendo sempre di più e che piano piano inghiottirà tutta la superbia della conquista e ren...derà la guerra impossibile.”
(Jane Addams)

FIGLIE DELL'EPOCA - Donne di pace in tempo di guerra

Spettacolo di e con Roberta Biagiarelli

Lunedì 25 aprile ore 21.00 - Festival delle Resistenze
Bolzano - bit.ly/1SidLmj

Piattaforma delle Resistenze ‪#‎festivalresistenze

Siamo figli dell’epoca
l’epoca è politica.(…)
Che ti piaccia o no
i tuoi geni hanno un passato politico
la tua pelle una sfumatura politica
i tuoi occhi un aspetto politico.
Ciò di cui parli ha una risonanza
ciò di cui taci ha una valenza (…)

Wislawa Szymborska

“Il novecento si apre e si chiude a Sarajevo”. Frase consumata, ma efficace per creare un ponte tra l’inizio della Grande Guerra e le macerie dell’ultima guerra consumata in terra d’Europa: il conflitto tra gli stati dell’ex Jugoslavia.

Ecco, io quel conflitto l’ho attraversato e lo conosco a fondo. Sono quasi venti anni che lo attraverso e ne parlo attraverso le parole di un’altra testimonianza teatrale, che lo abito nelle sue conseguenze, come artista e come essere umano, nei miei viaggi, progetti ed azioni concrete nei confronti della Bosnia-Herzegovina, ed in particolare delle sue donne.

Il conflitto della prima guerra mondiale invece no, lo conoscevo poco, era storia di libri, di scuola, di film. E questo Centenario che arriva (1915-18 – 2015-2018), quella frase consumata che mi rimbomba nelle orecchie ed ecco che mi metto a cercare dove sono io rispetto ad un evento che ha segnato così profondamente la storia ed il territorio europeo.

E scopro che io vedo quel conflitto con gli occhi delle donne, che quando cerco, cerco un catalogo di voci, corpi, persone che non sono partite per il fronte – cose da uomini – ma che sono ugualmente a modo loro andate in “guerra” come crocerossine, operaie, braccianti, ma anche come intellettuali, pensatrici, pacifiste e antimilitariste. E scopro che 1.136 di loro hanno fatto del pacifismo in tempo di guerra, un evento che trascende ogni mia immaginazione: l’auto convocazione il 28 aprile 1915 all’Aja del Congresso Internazionale femminile per discutere del ruolo delle donne per la diffusione di una cultura di pace.

Attraversando i confini di un continente in guerra, donne di tutta Europa e dall’America si sono radunate per parlare di pace (delle 1.136 che si sono autoconvocate il numero è poi salito a 2.000 donne in quattro giorni di Congresso).

E allora, io mi metto a confronto con quelle donne e tento la strada di un dialogo, di una rappresentazione, di una memoria; mi metto dentro le loro storie, aggiungo le mie di tutti questi anni di Bosnia, di artista, di donna e traccio una linea immaginaria tra me e loro.

Divento un ponte tra le donne di ieri e le donne di oggi. Decido di dare voce all’unica italiana presente al Congresso: Rosa Genoni, valtellinese di nascita, trasferita a Milano, sartina prima e stilista affermata poi, una vita che è icona del femminismo, del pacifismo, dell’assunzione di responsabilità; che mi occuperò di Margherita Parodi Kaiser Orlando, unica crocerossina medaglia di bronzo al valore sepolta fra i 100.000 soldati del Sacrario di Redipuglia. E l’americana Jane Addams simbolo del femminismo mondiale e di un’altra italiana Paolina Schiff , milanese pure lei, che al Congresso non poté andare e scrisse una lettera esemplare che getta le basi per la futura Unione Europea. E di altre “ figlie della loro epoca”. E di me rispetto a loro. Me ne occupo e vedo cosa resta. Creo un cosmo popolato da donne con biografie esemplari dentro al flusso della Storia.

Uno spettacolo di genere e di pace, per fare emergere un protagonismo al femminile della prima guerra mondiale e vedere cosa resta oggi.

Roberta Biagiarelli

Bolzano, Festival delle Resistenze

 

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