"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Andare oltre il referendum. Esistono infatti procedure altrettanto efficaci, capaci di coinvolgere i cittadini in maniera più completa ed esaustiva.
di Alessandro Branz *
(24 aprile 2016) L'istituto del referendum è sempre stato oggetto di strumentalizzazioni, anche a causa della sua natura rigorosamente binaria (o Si o No). Ne abbiamo avuto conferma in occasione della consultazione referendaria di domenica 17 aprile, caratterizzata dalla caduta di stile e dall’atteggiamento pesantemente diseducativo di coloro che, pur ricoprendo ruoli istituzionali di primo piano, hanno invitato i cittadini (purtroppo con successo) a non recarsi alle urne, salvo poi menar vanto di un risultato così poco edificante.
Per fortuna le cose non sono andate sempre cosi. Ricordo, ad esempio, il dibattito argomentato e competente che circa due anni fa si è aperto sulle colonne del Corriere del Trentino a proposito delle definizioni da attribuire al termine «democrazia» (fra cui anche quella «diretta»).
Mi riferisco anche a quanto sta avvenendo, nel più completo silenzio, nei consigli comunali trentini, chiamati a recepire nei rispettivi statuti una serie di disposizioni di rango regionale il cui scopo è proprio quello di rafforzare e valorizzare lo strumento referendario. Si tratta, in particolare, del rilevante abbassamento del quorum di partecipanti necessario affinché un referendum comunale sia valido, ma anche dell'introduzione della nuova figura del referendum «confermativo», che si esercita sulle modifiche apportate allo statuto comunale (ciò a prescindere dal quorum con cui sono state approvate in sede consiliare) e che può avere conseguenze di un certo peso: se una modifica statutaria sottoposta a referendum non viene approvata dalla maggioranza dei voti validi, allora non entra in vigore.
Siamo quindi di fronte a disposizioni che si propongono di promuovere e valorizzare la democrazia «diretta», senza però penalizzare (perlomeno nelle intenzioni) la natura «rappresentativa» dell’ordinamento comunale. Sul punto però andrebbero fatte delle riflessioni approfondite, ovviamente in un clima sereno e propositivo. Anche l’istituto del referendum, infatti, presenta contraddizioni: sia nel caso del referendum «confermativo», sia di quello «abrogativo» (previsto dalla generalità degli statuti comunali), il rischio è che si instauri tra cittadini e istituzioni comunali un rapporto troppo rigido, quasi di contrapposizione, anche perché entrambi i referendum intervengono dopo che una decisione pubblica è stata presa e, pur potendo dire una parola definitiva su di essa, non contribuiscono «positivamente» alla sua formazione.
Troppo spesso, anche nel dibattito trentino, si ritiene che la partecipazione dei cittadini alle scelte pubbliche possa avvenire solo attraverso gli strumenti della democrazia «diretta». Non è così. Esistono procedure, altrettanto efficaci, che su una questione di natura amministrativa, su un indirizzo da prendere o una decisione pubblica da adottare, sono in grado di coinvolgere i cittadini in modo più completo ed esaustivo, favorendo il confronto fra tutti i soggetti interessati (non solo cittadini, ma anche associazioni, comitati, enti), sulla base di un rapporto collaborativo e positivo con le stesse istituzioni comunali.
Simili procedure permettono di costruire una decisione in modo più ricco, informato e democratico, coinvolgendo tutti i punti di vista: non a caso sono diffuse in Europa, negli Stati Uniti e da qualche anno anche in Italia (vedi la legge sulla partecipazione adottata dalla Regione Toscana che attribuisce un notevole protagonismo a cittadini e Comuni).
Su tale terreno, purtroppo, il Trentino è ancora poco ricettivo, chiuso in una tenaglia che vede da una parte il prevalere di una concezione tradizionale della rappresentanza come «democrazia di mandato» e dall’altra fughe in avanti di natura «direttistica», con il risultato di penalizzare tutte le procedure partecipative che favoriscono il confronto, la discussione e una costruzione collettiva delle scelte di governo.
Per fortuna in molti statuti comunali (cito per tutti quello di Mori) sono previste forme di coinvolgimento dei cittadini che vanno nella direzione auspicata, anche se necessitano di essere rinvigorite, rese più incisive e soprattutto inserite negli effettivi processi di formazione delle decisioni pubbliche. Non si tratta di tornare indietro negando validità e importanza alla democrazia ««diretta”, ma di fare dei passi in avanti verso soluzioni più innovative.
* Alessandro Branz è consigliere comunale di Sanzeno
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