"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Michele Nardelli
(17 luglio 2016) Che cosa sta realmente accadendo in Turchia? La mia impressione è che nella notte del 15 luglio sia accaduto qualcosa di strano, fra la realtà e la messa in scena.
Un golpe vero fallito grazie alla mobilitazione popolare? Un colpo di stato organizzato da dilettanti mandati allo sbaraglio, forse mal consigliati? Un golpe finto, per rafforzare il regime e chiudere la partita interna con l'opposizione verso quello stato presidenziale che la Costituzione impedisce ad Erdogan?
Nelle concitate ore notturne quando ancora sembrava che gli insorti avessero la meglio, le cancellerie occidentali, nel loro imbarazzato silenzio, già lasciavano intendere che in fondo la presa del potere da parte dei militari non sarebbe dispiaciuta affatto. Analogo il tono delle principali testate giornalistiche occidentali, ben lungi dal considerare che un putsch militare contro un governo legittimo è sempre e comunque un'azione antidemocratica, in gran parte improntate ai nuovi scenari del dopo Erdogan.
Non diverso dalle parole degli osservatori che venerdì in tarda serata commentavano le immagini (in particolare sul TG3), nel loro spingersi oltre arrivando ad affermare che finalmente ora si sarebbe fatto sul serio nella lotta al terrorismo.
Del resto nelle strade di Istanbul in quelle ore sembravano prevalere i sostenitori dei golpisti con slogan e simboli – senza peraltro che venissero rilevati dagli osservatori – che richiamavano i “lupi grigi” ovvero la destra nazionalista e fascista.
Sono bastate poche ore e il quadro è radicalmente cambiato, come se effettivamente il popolo avesse impedito tra le due e le cinque del mattino il rovesciamento della situazione. E a quel punto, rientrati nei ranghi tanto le cancellerie quanto i commentatori – troppo importante la Turchia nell'attuale contesto geopolitico –, è iniziata la caccia all'uomo: migliaia di arresti, annunciato ripristino della pena di morte (ma in Turchia sappiamo quale sia il rispetto dei diritti umani), repulisti nella magistratura, censura verso ciò che rimane dei media liberi...
Questo epilogo rende la notte di venerdì oltremodo inquietante. Non amo la dietrologia e anche in questo caso non credo che si possa organizzare per finta un golpe che coinvolge parte degli apparati dello stato e migliaia di persone, ivi comprese le 261 vite umane1 dell'uno e dell'altra parte (sempre che anche questi numeri corrispondano alla realtà).
Credo invece che negli avvenimenti di questa notte di mezza estate vi siano un po' tutti gli ingredienti di una realtà che diventa messa in scena (o viceversa), nella quale tutti gli interpreti (o almeno quasi tutti) recitavano la loro parte come fosse vera, ovvero non recitando affatto.
Che cioè una parte dell'esercito davvero pensasse di ripristinare il ruolo che i militari hanno tradizionalmente avuto in Turchia nel corso del Novecento; che una per quanto piccola parte dei cittadini scendesse in piazza manifestando con le dita a forma di lupo il loro sostegno ai golpisti; che una folla ben più numerosa riprendesse l'appello di Erdogan (e degli imam) scendendo in strada e fermando i carri armati; che i servizi segreti facessero la loro parte soprattutto nel convincere gli ufficiali che c'erano le condizioni per il colpo di stato; che le cancellerie occidentali (e non solo) manifestassero dapprima il loro vero orientamento verso la leadership turca ed in seguito la propria grande ipocrisia; che la cultura laicista ancora una volta mostrasse tutta la propria insofferenza verso l'islam politico; che infine Erdogan rinsaldasse il suo scricchiolante consenso popolare attraverso un'operazione di immagine di grande effetto, nuovo vero padre della patria dopo Ataturk.
L'esito di questo “derivative putsch”2 lo vediamo in queste ore, nel far piombare questo grande e strategico paese a cavallo fra oriente e occidente in un luogo dove lo stato di diritto non sembra avere cittadinanza. Farsa e realtà si rincorrono tragicamente.
1Nel frattempo sono diventate 312 (ndr)
2Con questo termine sono stati denominati colpi di stato i cui esiti provocano, attraverso piani alternativi, l'introduzione di leggi speciali di natura antidemocratica. Il più famoso fu quello spagnolo del 1981.
0 commenti all'articolo - torna indietro