"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Lo sviluppo sostenibile per cambiare la politica

La ginestra del Vesuvio

Scegliendo di rispettare i 17 «goals» ONU si rivoluzionano le scelte economiche a casa

da L'Avvenire del 9 novembre 2016

Invitato di recente dal Pontificio Consiglio della Cultura a presentare i progetti di ricerca dell'Istituto Italiano di Tecnologia per ridurre le disuguaglianze globali, a partire da quella alimentare, il direttore scientifico dell'Iit, Roberto Cingolani, ha elaborato – da fisico quale è – un'interpretazione termodinamica dei fenomeni migratori.

Partendo naturalmente dai numeri. In base al primo, la popolazione mondiale consuma circa 17 terawatt di potenza energetica, con una sperequazione enorme a livello geografico: la fetta della torta per i cittadini americani è infatti di 11,4 kilowatt a testa. In Europa e Giappone si scende a 6 kw, a 2 in Cina, se ne consumano circa 0,2 pro capite in India e ancor meno nel resto del mondo (e soprattutto in Africa).

Questi dati si possono leggere anche in un altro modo: siccome noi siamo per certi versi 'macchine' avanzatissime le quali, grazie alla formidabile efficienza biochimica, consumano circa 200 watt al giorno, più o meno come una televisione e cristalli liquidi, gli americani avranno potenzialmente a disposizione in un futuro non lontano 60 “amici robot” per farsi aiutare, europei e giapponesi si dovranno accontentare di trenta “aiutanti”, ce ne saranno dieci per i cinesi, agli indiani ne spetterà uno soltanto e a tutti gli altri nessuno.

Sovrapponendo infine su di un planisfero i conflitti in atto, la disponibilità energetica e i flussi migratori, è possibile osservare come anche la sociologia dei flussi umani segua le leggi della termodinamica. Al pari delle molecole, cioè, che tendono a spostarsi dalle zone più calde di caos statistico a quelle più tranquille e dunque “fredde”, così donne e uomini fuggono dalle latitudini a minor disponibilità di energia verso quelle più illuminate sulla carta geografica del mondo.

I 17 nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile

Non a caso, dunque, «garantire entro il 2030 l' accesso universale ai servizi energetici a prezzi accessibili, affidabili e moderni» è uno dei diciassette obiettivi – per la precisione il settimo – che nel settembre 2015 i Paesi membri delle Nazioni Unite si sono dati approvando la nuova Agenda globale per lo sviluppo sostenibile e i “Sustainble Development Goals” (SDGs nell' acronimo inglese) con i relativi 169 sotto-obiettivi o Target.

A differenza degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDGs), adottati dall'Onu nell'oramai lontano 2000 per rimuovere gli ostacoli allo sviluppo in campo sociale, economico e ambientale nei soli Paesi in via di sviluppo, gli SDGs sono universali. Si applicano pertanto a tutti i Paesi, Italia inclusa.

Riorientare la gestione del nostro mondo verso la sostenibilità è una sfida epocale e sotto molti aspetti senza precedenti per l' umanità. Il genere umano si trova infatti ad affrontare quella che – prendendo ancora una volta in prestito il termine dal mondo della Fisica – è definibile come una “singolarità”.

Nel 2014 anzitutto, per la prima volta nella Storia, sono stati prodotti più transistor che riso. A riprova di come la potenza di calcolo di cui disponiamo sia poi aumentata in modo esponenziale, da due anni a questa parte sforniamo più dati di quanti ne abbiamo prodotti negli ultimi cinquanta. Sempre nell'ultimo mezzo secolo, infine, la popolazione mondiale è cresciuta più che negli ultimi 5.000 anni, tanto che – evento mai verificatosi sino a ora – un campo non basta più a sfamare una persona.

Proprio per questo, riuscire a garantire agli attuali oltre 7,3 miliardi di esseri umani energia, materie prime, cibo, acqua pulita, case, infrastrutture e giustizia mantenendo allo stesso tempo i delicati equilibri dinamici della biosfera richiede capacità innovative che mai abbiamo sperimentato nella storia dell'umanità. E richiede soprattutto che ogni Paese faccia la sua parte, rafforzando al contempo il partenariato globale per la costruzione di quella che, con la globalizzazione digitale, è sempre di più una casa comune che richiede responsabilità condivise.

L'alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile

Come previsto dall'Agenda 2030, ogni Paese deve sviluppare una propria Strategia nazionale. Anche la Commissione europea sta preparando una Comunicazione sull'integrazione degli SDGs nella revisione della "Strategia Europa 2020", lavoro atteso per la fine di novembre.

In Italia il 3 febbraio 2016 è nata, su iniziativa dell'Università di Roma Tor Vergata e della Fondazione Unipolis, l' Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). Iniziativa che, spiega il portavoce Enrico Giovannini – ex presidente dell'Istat ed ex ministro del Lavoro nonché “padre” degli indicatori di Benessere equo e sostenibile – «riunisce oggi 134 tra le più importanti istituzioni e reti della società civile».

Il mandato è quello di far crescere nella società italiana, nei soggetti economici e nelle istituzioni la consapevolezza dell'importanza dell'Agenda 2030. Giovannini è stato appena ascoltato in materia dalla Commissione Bilancio congiunta di Camera e Senato nel corso delle audizioni sulla legge di Bilancio. «Molte misure contenute nel ddl – spiega – possono contribuire ad avvicinare gli obiettivi dell'Agenda 2030. Ma si avverte nel complesso – aggiunge – la mancanza di un disegno strategico di medio termine in linea con tale principio, un progetto organico in grado di colmare i gravissimi ritardi che ancora affliggono il nostro Paese».

Il rischio, secondo l' ASviS, è che «si perdano due anni dei 15 previsti» e per questo propone che venga creato un Fondo per l'attuazione della Strategia di sviluppo sostenibile, con una dotazione crescente nel triennio 2017-2019. «Questo consentirebbe – prosegue Giovannini – di avviare subito gli interventi che verranno inseriti nella Strategia che il governo finalizzerà all'inizio del prossimo anno. Altrimenti bisognerà aspettare il 2018».

Il primo Rapporto «L' Italia e gli obiettivi di sviluppo sostenibile»

L' Alleanza ha presentato a settembre il primo «Rapporto su l'Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile». Si tratta di una valutazione sui punti di forza e di debolezza del nostro Paese rispetto agli impegni assunti di fronte al mondo e alle prossime generazioni.

Il portavoce dell' ASviS ha chiesto dunque che il Parlamento impegni il governo su decisioni stringenti. E concrete. Presentare ad esempio entro il primo trimestre 2017 il catalogo degli incentivi dannosi per l'ambiente e il piano per la loro trasformazione in incentivi allo sviluppo sostenibile, come già previsto dalla legge approvata a fine 2015.

Secondo Giovannini è necessario inoltre allargare il Sostegno all'inclusione attiva (Sia) «per ridurre l'inaccettabile livello di povertà e disagio sociale raggiunto nel nostro Paese, cui vanno destinate risorse ben più consistenti di quelle previste nel ddl».

L' Asvis propone anche interventi orientati all' estensione delle produzioni e dei consumi responsabili fin dalla fase progettuale, incentivi agli investimenti pubblici a sostegno della biodiversità e della protezione degli ecosistemi, una strategia per lo sviluppo urbano sostenibile e soprattutto l'accelerazione dell'iter di approvazione della legge sul Commercio equo già votata dalla Camera.

Giovannini sottolinea infine come ci sia una forte somiglianza concettuale fra i 17 Goals e il quadro disegnato dalle dodici dimensioni del Bes, rispetto alle quali la legge di Bilancio dovrà essere valutata a febbraio del 2017. E propone: «Se il governo presentasse all'Aula le diverse misure all'interno di un quadro sinottico, legandole ai singoli SDGs e Target rilevanti, così da consentire al legislatore di inquadrare meglio i vari interventi in una strategia di medio-lungo termine, una presentazione simile non solo faciliterebbe il lavoro del Parlamento, ma segnerebbe anche un'importante discontinuità culturale con il passato. E porrebbe l'Italia all'avanguardia dei Paesi europei e del G7».

 

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