"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Cerchi magici e personalizzazione sono falliti

I relatori dell'incontro

«Così lontane, così vicine». Roma, Torino e Trento a confronto in un interessante dibattito venerdì sera a Trento.

di Erica Ferro, Corriere del Trentino

A pochi giorni dall’esito della domenica referendaria, impossibile non riflettere sullo stato dell’arte del pensiero e dell’azione politica. Quella che affonda le sue radici nella storia del Novecento, in particolare, pare aver esaurito le sue chiavi di interpretazione. «Le nuove generazioni non vedono nella politica un luogo di cambiamento delle loro condizioni o del contesto in cui vivono» osserva Ilda Curti, per dieci anni assessora alla rigenerazione urbana del Comune di Torino. «La promessa di svecchiamento e cambiamento, interpretata poi attraverso cerchi magici, personalizzazioni e poco altro, ha creato un’attesa talmente forte che il suo fallimento ha dato luogo a una risposta che solo un Paese cieco può non vedere» commenta invece Silvano Falocco, direttore della Fondazione Ecosistemi e coordinatore della scuola politica Danilo Dolci di Roma.

Sul «vuoto di immaginazione della politica» attraverso la metafora della «crisi delle città» si confronteranno entrambi oggi pomeriggio alle 18, al Centro di formazione alla solidarietà internazionale, insieme a Federico Zappini dell’associazione «territoriali#europei» (modera Simone Casalini, caporedattore del Corriere del Trentino).

Perché, a ben guardare, Trento, Torino e Roma sono sì quanto di più diverso si possa immaginare, ma è anche vero che gli echi che arrivano ad esempio dalla capitale, «dove si sperimenta — dice Falocco — la capacità di governo della complessità da parte di “organizzazioni politiche moderne”», arrivano anche al nord. Perché le «organizzazioni politiche moderne», costruite, secondo Falocco, «sulla base di un processo, allo stesso tempo, di verticalizzazione (il leader, il cerchio magico, il premier, il governatore, il sindaco) e restrizione della base militante (sezioni inesistenti, assenza di luoghi di riflessione ed elaborazione, sovrapposizione tra eletti e dirigenti di partito), si mostrano alla prova dei fatti inadeguate, fragili e fortemente instabili».

«È evidente — commenta l’economista ambientale a proposito dell’esito del referendum — che se un percorso iniziato all’insegna dello svecchiamento e della rottamazione, in pochi anni si trova davanti solo un esercito di voucher, un’assenza di prospettive, una simulazione della partecipazione, la differenza tra quanto annunciato e quanto verificato sulle persone generi una risposta talmente forte che solo un Paese cieco può non vedere».

Per Curti «la politica non intercetta più il cambiamento ». «Parla agli over 50 non captando le nuove generazioni — ammette Curti — in questo modo non si creano le condizioni per il futuro». I giovani non dispongono di «luoghi collettivi dove contarsi e discutere», non hanno «un campo da gioco, se non quello di provare a fare delle cose per loro stessi o per la collettività che li circonda». A mettersi in gioco come «soggetto politico », secondo l’ex assessora, dovrebbero essere le «comunità del cambiamento»: «Quei giovani che, da nord a sud, provano dal basso a fare progetti di sviluppo locale, si pongono domande sul futuro, utilizzano tecnologie creative — spiega — tocca a loro porre domande, essere presenti nel discorso pubblico, non solo protestare votando». Perché queste risposte dal basso spesso funzionano.

«Ciò che serve è la creatività politica in grado di riconoscerle» sottolinea Falocco. E questa può esplicarsi solo se alla base esiste una progettualità: «Ma le organizzazioni politiche moderne — conclude — spesso ossessionate dalla personalizzazione e dalle cinture protettive che si costruiscono intorno, basate sulla logica dell’amico-nemico, nel momento in cui si trovano prive di nemici personali e dunque in grado di dispiegare il pieno della propria progettualità si rivelano fragili, perché la loro costruzione della politica è fondata sulla distinzione e la lotta».

 

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