"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Con l'avvio del nuovo anno anche una nuova rubrica in questo che vuole essere uno spazio di pensiero aperto al contributo di tutte le persone che hanno a cuore il presente ed il futuro della politica trentina e non solo. Un invito, dunque ad utilizzarlo...
(27 dicembre 2016) Il detto popolare “non svegliare il can che dorme” bene si attaglia alla pattuglia degli iscritti al PD del Trentino che hanno messo nero su bianco la richiesta ai garanti di intervenire disciplinarmente su esponenti del PD con cariche pubbliche che si sono espressi per il No alla controriforma costituzionale.
Comprensibile la preoccupazione del segretario provinciale Gilmozzi che, non vedendo l’ora di andare oltre la vicenda referendaria per affrontare i nodi strutturali del partito sia in sede locale che nazionale, ha consigliato ai sostenitori del Si di abbassare i toni. Roba da congresso, dichiara Gilmozzi, il dibattito sulle linee strategiche: una verità lapalissiana, specie alla luce dei nodi sempre più ingarbugliati delle vicende regionali e non solo.
Questioni rinviate alle calende greche, a partire da quella dell’assetto del partito: Federato al partito nazionale (una minestra riscaldata) o soggetto autonomo legato a Roma da un patto, come prevederebbe l’impianto federalista dello statuto? Senza questa scelta convinta di radicamento territoriale il partito non ha futuro.
Ora che il cane da guardia dei principi costituzionali si è risvegliato, inviterei i paladini dell’abortita parola d’ordine “basta un sì” a rimboccarsi le maniche invece di pensare a vendette postume; che non bastano astratte parole d’ordine per veder rispettati i principi fondamentali del nostro ordinamento.
Occorrono Leggi elettorali rispettose della volontà dei cittadini, ridefinizione degli assetti territoriali regionali anacronistici non da oggi (ricordate Miglio?), dimezzamento dei parlamentari, assetto federale dello Stato come nel modello germanico, opzione regionalista del partito.
Servono congressi regionali che precedano l’assise nazionale? Assolutamente sì, specie per i territori retti da autonomie speciali. Solo vincendo la scommessa federalista il Partito democratico potrà essere in grado di por fine alla diaspora che ne sta mettendo a serio rischio la stessa sopravvivenza.
E non si creda che procedendo ciascuno per sé, come avviene nei due comparti partitici regionali, vi possa essere un Dio che provveda per tutti; onde evitare il dilagare nelle valli e non solo in quelle di una vandea fino ad ora rimasta lontana, ma della quale sentiamo in avvicinamento il passo cadenzato.
E’ davvero tempo di stringere un patto repubblicano del cui rispetto i cittadini si facciano carico, e che il Partito Democratico adotti una linea politica e programmatica coerente con questi obbiettivi (Italia bene comune, l’alleanza a sinistra, con cui fummo chiamati al voto, furono abbandonate senza un congresso: vediamo di tornare sui nostri passi).
Se invece il partito si lascerà prendere da una sindrome che richiama quella della lotta maoista alla “Banda dei quattro”, i reprobi verranno sicuramente a soccombere ma il prezzo da pagare sarà molto salato.
Vincenzo Calì, Trento
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