"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

La guerra mondiale fra inclusione ed esclusione

foto Luigi Ottani

«La maledizione di vivere tempi interessanti» (60)

di Michele Nardelli

Bloccati dal gelo? No, mi dispiace. Come si può arrivare a mistificare in maniera così palese la realtà di migliaia di profughi costretti nel fango e nel gelo lungo la rotta balcanica, provenienti in gran parte dall'Afghanistan, dalla Siria e dall'Iraq, paesi ricchi ma impoveriti e lacerati da guerre nelle quali l'occidente non può certo – ed è un eufemismo – chiamarsi fuori.

Diciamo le cose come stanno. Migliaia di persone sono costrette a bivaccare in condizioni disumane in campi improvvisati come effetto della proliferazione di muri e filo spinato sorti nel cuore di un'Europa dove si va affermando la negazione del diritto d'asilo e di quello di circolazione come previsto dal secondo comma dell'articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Ditti Umani.

All'origine degli esodi logiche di dominio e di salvaguardia degli interessi delle grandi potenze che hanno reso questi paesi inospitali e in preda a gruppi di potere che hanno fatto della guerra, del terrorismo e della deregolazione il loro habitat naturale. Come del resto è avvenuto in Libia dove ad un intervento militare privo di qualsiasi legalità internazionale e dichiaratamente funzionale al controllo delle sue risorse petrolifere ha trasformato quel paese in un campo di battaglia fra signori della guerra e trafficanti di ogni sorta, a cominciare da quello di esseri umani sui barconi della morte.

Questa è la grande ipocrisia di un'Europa che accettando i muri decide di negare se stessa, la propria origine mediterranea, l'intreccio di culture che lungo la storia ne ha caratterizzato il cammino, la civiltà che hanno espresso pur fra mille contraddizioni le carte fondamentali dei diritti umani e dello stato di diritto. E di politiche nazionali che, per rincorrere il consenso di società spaesate e in preda alla paura, cavalcano l'incertezza e il rancore.

No, non sono gli esiliati a provocare un rigurgito di questa natura. Come scrive Paolo Rumiz «essi semplicemente rivelano l'esistenza di un fascismo che già esiste»1 nel cuore delle nostre società, quei fantasmi che la mancata elaborazione delle tragedie del Novecento fanno riemergere in mille forme soprattutto in quella parte d'Europa dove la narrazione del secolo scorso è stata prevalentemente retorica di stato.

Qualcuno l'ha chiamata, per darle un aspetto accettabile, “scontro di civiltà”. In realtà si tratta della terza guerra mondiale, quella fra inclusi ed esclusi e che abbiamo dichiarato – più o meno consapevolmente – quando abbiamo iniziato a parlare di “non negoziabilità dei nostri stili di vita”. Il tragico è che si sta giocando fra i poveri cristi di un campo e dell'altro. Aggrappati con le unghie a quel che si ha, disposti a tutto, compreso eleggere Trump alla Casa Bianca.

Per evitarla questa guerra occorre cambiare strada ed immaginare un nuovo umanesimo planetario nel quale riconsiderare il nostro modo di stare al mondo. Fare meglio con meno, avevo suggerito. Purtroppo inascoltato.

1Paolo Rumiz, Cecile Kyenge, Dal libro dell'esodo. Piemme, 2016

 

0 commenti all'articolo - torna indietro

il tuo nick name*
url la tua email (non verrà pubblicata)*