"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Memoria di ogni giorno

La Risiera di San Sabba, a Trieste, e ciò che rimane del forno crematorio

di Ugo Morelli *

«Sii minimalista. Aiuta una persona. Solo una. Puoi sempre farlo. Fallo adesso». Così conclude il suo libro sulla memoria il direttore del Memoriale e Museo di Auschwitz, Piotr M. A. Cywinski. Viene da ascoltarlo non solo come antidoto alla retorica, nemica dell’assunzione diretta ed effettiva della responsabilità; ma anche come proposta di partire da ognuno di noi per comprendere quali vincoli e quali possibilità incontriamo quando ci confrontiamo con le differenze.

Siamo in un’epoca in cui i diritti universali sono messi in discussione per il ritorno da ogni lato della predominanza dei diritti particolari; ogni voce che ragioni di una società egualitaria tace o al massimo sussurra inascoltata; non riusciamo a prevedere e ad affermare effettivamente il rispetto delle differenze, di ogni differenza, rischiando ad ogni momento di alimentare nuovi capri espiatori.

In questa situazione, come dice la giornalista turca Asli Erdogan, appena liberata dopo mesi di prigionia per la libertà di pensiero nel suo lavoro, «la paura può essere il peggiore dei guardiani». Quando comanda la paura siamo pronti a consegnarci anche a false fonti di rassicurazione, che possono rivelarsi catastrofiche per noi.

Oltre alla classica questione della responsabilità e della sottovalutazione da parte delle vittime nei confronti del carnefice, ci devono pur essere altri meccanismi interiori e relazionali che portano a minimizzare all'inizio il ruolo e le azioni di chi ci trascina verso il baratro e, soprattutto, fa cose che, se non da subito, nel tempo si riveleranno indesiderabili per noi.

È evidente, insomma, anche se comodo per noi non porla al centro, un’altra faccia del totalitarismo e del dominio: non quella di chi domina, ma quella della responsabilità di chi è dominato e delle ragioni per cui si fa dominare, non disponendosi molto spesso a reagire in tempo nei confronti del dominatore.

Diventiamo noi stessi guardiani impauriti disposti a legittimare cose anche terribili, o a essere indifferenti. La memoria allora, in particolare per dare un senso attivo al rituale del “giorno della memoria”, richiede un continuo lavoro di educazione e attualizzazione. Non è solo ricordo ma azione nel presente guidata dalla storia. Prestando attenzione a non relegarla a un solo giorno dedicato, ma facendone una scelta attiva di ogni giorno, nel presente, qui ed ora.

Se è vero che “la vera misura della vita è il ricordo”, come ha scritto Walter Benjamin, non bisogna dimenticare che la memoria è tale se assume il carattere attivo di un presente ricordato. C’è un solo modo per farlo nella nostra esperienza: affermare concretamente il primato dell’azione, facendo adesso, nelle situazioni della vita di ogni giorno, quello che possiamo realmente fare per aiutare un altro e la differenza unica e irripetibile che porta con sé.

* editoriale apparso oggi 27 gennaio 2017 sul Corriere del Trentino

 

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