"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

A perdere, caro amico, siamo abituati. In ricordo di Predrag Matvejević

Con Predrag Matvejevic a Trento

di Michele Nardelli

(3 febbraio 2017) Mi passano davanti agli occhi molte immagini.

Trieste, piazza Unità d'Italia, in una mattina di febbraio del 2009. So che Predrag non dev'essere molto lontano perché il giorno precedente era qui per una conferenza e così lo chiamo sul suo cellulare italiano. Dopo un quarto d'ora stiamo conversando nel sole tiepido che inonda la piazza. Abbiamo un sacco di cose da raccontarci. Progetti, viaggi, libri... ma soprattutto sensazioni e immagini del lungo dopoguerra bosniaco. Quel paese dal quale se n'era andato con l'inizio della deflagrazione della Jugoslavia, nel 1991. Fra asilo ed esilio1, come amava dire, prima a Parigi e poi dal 1994 al 2008 a Roma, dove aveva ricevuto dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi la cittadinanza onoraria. Perché quella guerra ormai finita da tempo l'avevano vinta i talebani di ogni nazionalità e l'ostracismo verso questo intellettuale un po' croato e un po' russo ma soprattutto cittadino europeo che durante e dopo la guerra non aveva mai smesso di rappresentare una spina nel fianco, era paradossalmente cresciuto, tanto da essere perseguito nel 2005 dal Tribunale di Zagabria che lo condannò a cinque mesi di carcere per il saggio intitolato “I nostri talebani”. Predrag mi annuncia l'uscita di un libro al quale sta lavorando da tempo, “Pane nostro”2. Io gli racconto dell'impegno istituzionale che almeno un po' mi costringerà a diradare la mia frequentazione balcanica ma che a breve avrebbe potuto aprire nuove opportunità di collaborazione con la presidenza del Forum trentino per la pace e i Diritti Umani. Porto nel cuore quel mattino, nella luce particolare di quella città e della sua splendida piazza.

Lecce, mese di novembre di qualche anno prima, in occasione del decennale degli accordi di Dayton. Con Predrag siamo relatori nel convegno internazionale intitolato “La Prossima Europa: Mediterraneo, Adriatico, Balcani. 1995-2005”. Svolgo il mio intervento nel quale fra l'altro parlo di una guerra vinta dai criminali che l'hanno voluta, dei signori della guerra convertitisi rapidamente in uomini d'affari, dell'elaborazione degli anni '90 ancora ben lontana e della nostra incapacità di fare i conti con un Novecento che nasce e muore a Sarajevo. Un'immagine molto cara a Predrag che aveva ripreso nella Nota all'edizione dei Meridiani che raccoglie i “Romanzi e Racconti"3 di Ivo Andrić curata proprio da Predrag. Finito il mio intervento, Predrag mi raggiunge per stringermi la mano, vede che ho con me quel libro e, senza che gli chiedessi nulla, lo prende fra le sue mani postando una dedica che ha reso quel libro un oggetto unico. Grazie, Predrag per quel gesto che ci ha fatti diventare amici.

Lago di Garda, ottobre 2010. Predrag nei giorni precedenti mi ha chiesto di vedere quel lago di cui parla Goethe nel suo “Viaggio in Italia” e del quale ha sempre sentito parlare ma che non ha mai conosciuto di persona. Finiti gli appuntamenti che come Forum avevamo promosso in una due giorni dedicata al Pane nell'ambito del programma sulla “Cittadinanza euromediterranea”, decidiamo di dedicarci una giornata distesa in riva al lago. E' una domenica carica di pioggia, i colori sono tenui ma non per questo lo spettacolo della natura è meno affascinante. Predrag è colpito della vegetazione, dalle limonaie lungo la gardesana occidentale e dal particolare microclima che fanno di questo tratto un luogo meraviglioso. Un po' di quel Mediterraneo che lui ha raccontato così magistralmente nel “Breviario”4 e che, nel tempo in cui riaffiora il fantasma dello “scontro di civiltà”, diviene più che mai attuale. Considero quel libro come un'antologia del nostro sapere attraverso il mare, una sorta di antidoto verso chi guarda alla propria identità in sottrazione, come l'esito del sangue e del suolo. Per questo, non più tardi di un anno fa, firmammo per proporre che venisse assegnato a Predrag e a questo suo capolavoro il Premio Nobel per la letteratura.

Tante altre immagini, quelle di cui ci ha fatto dono nella sua poderosa bibliografia di cittadino europeo malgrado l'Europa, quell'Europa che lui immaginava, come Ivo Andric, «con Roma e con Bisanzio … senza perdere di vista neppure l'islam». Di quell'Europa “maledetta”5 che faceva sentire la sua voce grazie agli intellettuali del dissenso e di quell'Europa matrigna che non seppe accogliere la Jugoslavia quando nel 1989 l'allora presidente di turno Ante Markovic fece richiesta di adesione alla Comunità europea ricevendone un rifiuto e che, diversamente, avrebbe potuto cambiare il corso della storia. E di quelle città che ne rappresentavano straordinarie sintesi, la sua Mostar ancora oggi profondamente ferita, l'”Altra Venezia”6 che seppe raccontare in quel meraviglioso libricino che vedeva la prefazione di Raffaele La Capria, l'Odessa delle origini del padre, la Sarajevo dell'incontro fra oriente e occidente.

Era nell'aria. E giovedì pomeriggio la notizia. Predrag Matvejević ha concluso il suo cammino a Zagabria, città in cui era tornato a malincuore, o almeno così mi era sembrato di cogliere parlando con lui quando Roma aveva smesso di accoglierlo. In quella città, Zagabria, e in quel paese, la Croazia, che non lo amava e nella quale ha vissuto in questi anni come in una sorta di esilio di ritorno, come ad assistere da dentro ad un tempo dove ancora le bandiere nazionali e i simboli religiosi sono branditi come clave contro il prossimo. Questo, provo ad immaginare, non era più il suo mondo. Non c'era più posto per una cultura raffinata e cosmopolita come la sua in un presente alla deriva dove si agitano i fantasmi del secolo degli assassini, che pure non sappiamo vedere in tutta la loro tragicità. In fondo, la finitezza delle nostre esistenze ci permette – per riprendere una bella espressione di Predrag – «di voltare una pagina dopo averla letta»7. A perdere, come dicevi, siamo abituati.

Comunque, davvero grazie Predrag, caro amico.

1Predrag Matvejević, Tra asilo ed esilio. Romanzo epistolare. Meltemi, 1998

2Predrag Matvejević, Pane Nostro. Garzanti, 2010

3Ivo Andric, Romanzi e Racconti, Mondadori, 2001

4Predrag Matvejević, Breviario mediterraneo. Garzanti, 1991

5Predrag Matvejević, Un'Europa maledetta. Baldini Castoldi Delai editore, 2005

6Predrag Matvejević, L'altra Venezia. Garzanti, 2003

7Predrag Matvejević, Mondo ex e tempo del dopo. Garzanti, 2006

 

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