"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
(14 dicembre 2017) Marino Vocci se ne è andato martedì sera. Non so per quale approdo questa volta, ma nelle scorse settimane l'ho pensato spesso mentre leggevo le pagine di un libro davvero prezioso come quello di Egidio Ivetic “Un confine nel Mediterraneo” (Viella libreria editrice, 2014), lungo quella terra e quel mare che loro malgrado hanno rappresentato una linea di frontiera fra lingue, credi religiosi e storie.
Marino, istriano di nascita e triestino d'adozione, era uomo di confine laddove questo non era affatto motivo di divisione ma di incontro e di relazioni. Non solo viveva sul “limes”, lo rappresentava nel suo modo di essere, nel suo impegno politico come in quello letterario.
Con Marino ci conoscevamo reciprocamente da tanti anni, ma solo negli ultimi mesi abbiamo avuto modo di incontrarci prima a Pirano e poi a Trieste, proprio in occasione dell'itinerario su quel limes che da Venezia ci portava a Goli Otok, nell'ambito del “Viaggio nella solitudine della politica”. Quella solitudine che Marino nel nostro incontro al Circolo Tina Modotti di Trieste ricondusse alla stanchezza di Alex Langer nelle sue ultime parole: “continuate in ciò che era giusto”. Esortazione disperata, che pure non contraddiceva la fatica del vivere.
Ripenso alle parole di Marino, all'ossessione del “fare insieme” cui aveva dedicato una parte importante del suo percorso... vi lessi una grande serenità, la soddisfazione per come si era costruita una comunità di pensiero che pure aveva contribuito a cambiare quella terra (“solo chi cambia s/cambia” disse), ma anche lo sconforto di come identità e memorie rimanessero ancora divise e di come la politica si attardasse a rincorrerle.
Serenità che mi aveva colpito e che avverto vicina, come se la “leggerezza del viaggiare” potesse aiutare a darci una giusta distanza dalle cose che accadono intorno a noi, dalle meschinità del quotidiano e, non di meno, a cogliere i segni del tempo. Ricordo che Marino usò proprio questa espressione a me cara, quasi ad immaginare un'amicizia di cui ho potuto solo godere un frammento. Ma della quale ti voglio ringraziare.
Sì, ti immagino partito attraverso qualche mare. Buon viaggio Marino.
Michele
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