"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Alex Faggioni*
(30 gennaio 2018) L'intervento di qualche giorno fa dell'ex sindaco di Caldonazzo Laura Mansini cui è stato dato spazio sulle pagine de L'Adige ha sollevato un tema che ha a che fare con un territorio che va ben al di là dei confini di un singolo municipio.
É fuori discussione il fatto che, quando nell'estate del 2015 il presidente Rossi ha rotto la storica chiusura del Trentino nei confronti del progetto di completamento della Valdastico, abbia compiuto un capolavoro comunicativo.
Per giustificare l'avvio di un tavolo di confronto tra Regione Veneto, Provincia Autonoma di Trento e Stato Italiano ha sostenuto che il Trentino non avesse la facoltà di opporre un rifiuto incondizionato; e così, nelle dichiarazioni ufficiali e nei virgolettati della stampa si è cominciato a parlare di un “saldo positivo per il Trentino”, di una “possibile soluzione della viabilità nella zona laghi”.
Non si contano più le inchieste giornalistiche che dimostrano come la realizzazione di questa infrastruttura sia utile solo ai gestori dell'A4 Brescia-Padova per continuare a poter gestire quell'autostrada (una tra le più remunerative) senza dover partecipare ad una gara d'appalto pubblica.
Si può sostenere al di là di ogni ragionevole dubbio che i transiti in Valsugana siano generati soprattutto da traffico pendolare (gente che abita in Valsugana e si sposta lungo l'asse del fondovalle per lavoro) ed in maniera minoritaria da traffico di attraversamento.
Tuttavia ciò che è passato in una parte importante dell'opinione pubblica è l'idea che, costruendo uno svincolo che colleghi l'ipotetica direttrice Piovene Rocchette-Trento con la Valsugana, di fatto sparirebbero le code lungo la ss 47 e si risolverebbe la gravissima situazione attuale in cui una strada statale a due corsie in cui transitano qualcosa come 35 mila veicoli al giorno costeggia, senza alcuna protezione ambientale, la sponda più lunga del lago più grande ed importante del Trentino dopo quello di Garda.
La pianificazione strategica dei trasporti sul nostro territorio, in comune accordo con la provincia di Bolzano e con l'Austria, prevede da tempo di puntare al ridimensionamento del traffico su gomma attraverso l'incentivazione del traffico ferroviario per alleggerire l'asse nord-sud. Asse che collega già il Veneto con il nord dell'Europa ma che spesso, per accorciare il tragitto di 26 km e non pagare il pedaggio (Vicenza-Trento via Verona =150 km, Vicenza Trento via Bassano = 124 km - costo del transito di un camion a 5 assi 25,20 euro), gli autotrasportatori scartano optando per la Valsugana.
Come è possibile sostenere che la realizzazione di una nuova circonvallazione (presumibilmente gratuita) che colleghi l'Alta Valsugana con la valle dell'Adige possa contribuire a ridurre il traffico transitante in Valsugana anziché aumentarlo?
Quale può essere il futuro di un territorio come quello della Valsugana che nonostante il suo enorme potenziale continua a non saper esprimere appieno la sua vocazione?
Eppure le eccellenze non mancano: esiste una filiera legata alla produzione di prodotti caseari di montagna, esistono piccole aziende agricole legate alla produzione biologica, esistono eccellenti realtà artigiane ed esiste un importantissimo comparto turistico che è anche una potenza economica in crescita.
E se non fossero sufficienti le istanze di chi ha a cuore il territorio per ragioni etiche allora possiamo senza dubbio avanzare una serie di istanze legate al vil denaro.
Stando alle statistiche provinciali l'ambito della Valsugana ha realizzato nella stagione estiva del 2017 1.016.031 presenze, la terza performance dopo il Garda Trentino (2.059.576 presenze) e la valle di Fassa (1.437.541 presenze).
Un milione di turisti che si aspettano una vacanza legata a quel brand di Trentino legato alla natura e ad un interazione umile dell'uomo con essa che tanto efficacemente sappiamo comunicare ma che troppo spesso rischiamo di tradire.
La direzione che dobbiamo seguire è quella di un Lagorai inserito nel patrimonio dell'Unesco, di un lago di Caldonazzo libero nella sponda est dall'attuale tracciato della ss47 anche investendo risorse importanti. Ve la immaginate la sponda est del lago di Caldonazzo con una ciclabile al posto di quella lingua di asfalto trafficatissima? Si può solo immaginare quali sarebbero le ricadute positive in termini economici sull’intero territorio.
Ciò che serve alla Valsugana è innanzitutto abbandonare idee di sviluppo che hanno quaranta o cinquant'anni e pensare ad una sinergia che punti a potenziare quello che c'è già.
Il mondo del Volo Libero riconosce la Valsugana come uno dei posti più suggestivi dove praticare questo sport. Il Lagorai offre un paradiso per la pratica dello sci alpino, delle escursioni sia invernali che estive. Chi pratica la mountain bike sa quanto meraviglioso sia il territorio in cui ci si può immergere in appena mezz'ora di pedalata.
La valle del Centa va valorizzata ragionando sul ripristino della Valcareta per collegare gli altipiani con il fondo della Valsugana, non sulla costruzione di un nuovo viadotto per l'entrata in galleria verso Trento o verso Vicenza.
Arte Sella c'è, non la dobbiamo inventare, ed è un sito recentemente citato dal New York Times come “uno dei parchi d'arte da visitare” per chi visita il nord Italia.
Il lago di Levico è un gioiello di rara bellezza così come lo sono alcuni scorci del fiume Brenta o alcuni boschi di Roncegno.
Tutte queste cose sono un potenziale economico oltre che un un fragile sistema da custodire.
Sta a noi scegliere se accettare che il territorio venga usato come a Monte Zaccon (Roncegno) per stiparvi rifiuti tossici o come ad Arte Sella per valorizzare la natura e farne un volano economico potentissimo. Possiamo scegliere di tenere aperta l'acciaieria di Borgo o di favorirne la conversione per chiudere definitivamente l'idea che per un po' di benessere si possa sacrificare salute pubblica e dignità ricalcando format di sviluppo che con un territorio di montagna non hanno nulla da spartire.
Possiamo anche scegliere di costruire nuove strade ed incrementare i flussi di traffico deturpando il territorio anziché proteggerlo e salvaguardarlo mettendo tristemente il Trentino in linea con la maggior parte delle regioni italiane, che anche da ultimo rapporto ISPRA - Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale, continua a registrare un preoccupante incremento del consumo del suolo
É fuori discussione che qui ci siano in ballo due diversi modelli di sviluppo.
Due visioni contrapposte che sono uscite chiaramente anche dall’ultimo incontro pubblico organizzato a Caldonazzo dal Comitato No Valdastico Nord, lo scorso 18 gennaio, cui hanno preso parte più di 150 persone: un esercizio di confronto e di crescita collettiva di una comunità che si sta organizzando non solo su come fermare un’infrastruttura stradale che giudicano inutile e dannosa, ma anche su come costruire insieme nuovi percorsi di salvaguardia e valorizzazione del proprio territorio.
I territori economicamente vincenti hanno da tempo fatto le loro scelte. É auspicabile che anche il nostro scelga in fretta perchè tenendo il piede in due scarpe si rischia solo di inciampare e farsi male.
* comitato noValdastico – gruppo Valsugana
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